’Ndrangheta e aziende truffate sono venti gli indagati veneziani

Bastavano cinquemila euro per pagare le “teste di legno” messe alla guida delle ditte in crisi acquisite per riciclare soldi sporchi e ordinare prodotti che poi non venivano pagati ai fornitori
Di Rubina Bon
Interpress/Mazzega Venezia, 07.03.2017.- Conf.Stampa CC. Venezia Operazione "Nuova Frontiera".- Nella foto da sx Col.Claudio Lunardi,il Proc. Adelchi d'Ippolitom Ten.Co. Scarpa Helios ed il Cap. Russo Dario
Interpress/Mazzega Venezia, 07.03.2017.- Conf.Stampa CC. Venezia Operazione "Nuova Frontiera".- Nella foto da sx Col.Claudio Lunardi,il Proc. Adelchi d'Ippolitom Ten.Co. Scarpa Helios ed il Cap. Russo Dario

L’organizzazione specializzata nell’acquisire ditte in crisi per ricliclare soldi sporchi e ordinare beni che non venivano pagati ai fornitori, per poi farle fallire entro 90 giorni, aveva una fitta rete di collaboratori in Veneto. Sono infatti venti i veneziani, sei i trevigiani e un padovano, alcuni dei quali trapiantati nel Nordest ma di origini calabresi, che sono stati iscritti sul registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’organizzazione capeggiata da Michelangelo Garruzzo e Antonio Anello. I nomi dei 27 veneti - tra loro anche un consulente con studio al Tronchetto e un ragioniere con studio a Ponte di Piave, nella Marca - sono compresi nell’elenco dei 60 indagati da parte della Procura antimafia di Venezia che ha coordinato le indagini dei carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria della Procura. Si tratta di persone coinvolte nelle truffe, chi come “testa di legno” delle aziende appena acquisite – gli “impresentabili” venivano chiamati dai capi, vista la loro incompetenza - chi con un ruolo asservito all’organizzazione. Su queste 60 persone, le indagini dei carabinieri coordinati dal tenente colonnello Helios Scarpa procedono a tutto campo. Le accuse a vario titolo sono di associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di truffe, bancarotta fraudolenta, indebito uso di carte di credito, ricettazione, riciclaggio, violenza privata con l’aggravante per alcuni dei metodi mafiosi.

I legami con la ‘ndrangheta. Michelangelo Garruzzo, 56 anni di Rosarno, ora in cella a Palmi con l’accusa di essere stato il dominus dell’organizzazione, aveva fornito un aiuto economico a Giuseppe Di Marte, figlio di Francesco, contiguo alla cosca della ‘ndrangheta “Pesce” di Rosarno e a lungo latitante prima dell’arresto in ottobre in Portogallo, per l’apertura di un bar in centro a San Donà tra il 2012 e il 2013. Ora anche Giuseppe Di Marte figura tra gli indagati nell’inchiesta della Procura antimafia per aver supportato l’organizzazione. Ma i legami di Garruzzo con la ‘ndrangheta erano stati sanciti anche da un provvedimento del tribunale di Reggio Calabria. Secondo i magistrati, infatti, Garruzzo si era prestato all’intestazione fittizia di beni immobili a favore di una persona che faceva parte della cosca “Pesce”. Anello, invece, viene ritenuto vicino alla cosca “Fiarè”, alleata al clan “Mancuso” di Vibo Valentia.

La truffa delle vongole. Per spiegare il meccanismo usato dall’organizzazione, basta un esempio. La “Natura & Frutta” di Salerno, poi trasferita a Noventa e con magazzino a Meduna, è una delle ditte sull’orlo della crisi acquisita dall’organizzazione di Garruzzo e Anello. È la testa di legno messa a capo dell’azienda che ordina vari carichi a una ditta di vongole e cozze della provincia di Pesaro-Urbino: consegne da 400-500 chili alla volta, destinate sia al rifornimento di un self-service di San Donà, sempre nell’orbita dell’organizzazione, sia alla vendita al dettaglio a un prezzo irrisorio: 2-3 euro al chilo, con grave danno per la concorrenza. Il conto per le forniture presentato alla “Natura & Frutta” è di 58 mila euro. Soldi mai pagati, perché nel frattempo la “Natura & Frutta” viene fatta fallire.

Le ditte della truffa. Emergono intanto altri nomi delle ditte acquisite e usate per mettere a segno le truffe. Si tratta della “X Motor” di San Donà, della “Nigro” di Bolzano (edilizia), della “AZ Service” di Ponte di Piave (facchinaggio e magazzino), dell’impresa “Salemme” di Frosinone con sede a Meduna, della “Ste.Fil” di Legnano nel Milanese (antifurti).

«Ho dei limoni». Una delle “teste di legno”, davanti ai 5 mila euro offerti per la gestione di una delle aziende, presenta a Garruzzo le proprie rimostranze. Un incarico troppo gravoso, a suo dire. «Sai che fila che ho io di persone al posto tuo», gli risponde Garruzzo. La “testa di legno” si tranquillizza e si mette a disposizione come “reclutatore” di altre “teste di legno”. Parlando in codice con Garruzzo, gli fa una proposta: «Ho dei limoni da Salerno, ti interessano?».

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