Unabomber, processo a Zernar Il 2 maggio si ricomincia a Venezia
Caso Unabomber, il 2 maggio inizia il processo d’appello per Ezio Zernar, l’ex direttore del Laboratorio indagini criminalistiche (Lic) della Procura di Venezia, accusato di aver manomesso una prova per “incastrare” l’ingegnere Elvo Zornitta, il pordenonese indagato perché sospettato di essere il “bombarolo” del Nordest. È un nuovo processo per Zernar dopo le condanne in primo e secondo grado, annullate dalla Corte di Cassazione nel marzo dello scorso anno.
La Cassazione spiega che potrebbe essere stata casuale, e non intenzionale, l'alterazione del famigerato “lamierino” parte di un ordigno inesploso, attribuito a Unabomber e trovato nella chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro l’1 aprile 2004. In sostanza Zernar era accusato di aver usato una forbice sequestrata a Zornitta per tagliare il lamierino lasciando così delle tracce che portassero all’ingegnere.
Il vero Unabomber, tuttora, è un «personaggio mai giudizialmente identificato», ricordano i supremi giudici. In particolare, la Suprema Corte - nella sentenza - spiega, dando ragione al legale di Zernar, l'avvocato Emanuele Fragasso, che «effettivamente la Corte di Appello di Venezia non dà adeguatamente conto del motivo per il quale l'eliminazione della escrescenza non possa essere conseguenza di un evento casuale».
In pratica, l'eliminazione di una microtraccia dal lamierino potrebbe avere natura involontaria e non dolosa, sebbene avvenuta nel laboratorio dove Zernar esaminava il reperto. Inoltre, aggiungono i supremi giudici, «non risulta che tutti i periti e i consulenti tecnici si siano trovati d'accordo nell'affermare che l'asportazione della protusione sia stata procurata utilizzando le forbici sequestrate» a Zornitta. Per la Cassazione, insomma, il verdetto di secondo grado emesso dai magistrati veneziani il 22 novembre 2010, ha liquidato troppo frettolosamente, «come considerazioni di scarsa importanza», elaborazioni e conclusioni formulate da «persone esperte». Tra queste, la perizia Plebe-Benedetti, svolta per conto dei giudici di Trieste quando nel capoluogo giuliano era stato aperto un procedimento a carico di Zornitta, nella quale si sostiene che sia «altamente improbabile che la variazione di dimensioni dell'oggetto possa essere la conseguenza di un taglio successivo al rinvenimento dell’ordigno».
Secondo questi periti fu l’intaccatura esistente sulle forbici sequestrate all’ingegner Zornitta a generare la protusione e non a eliminarla. Cioè quella microscopica ciglia di materiale che si è staccata dal lamierino determinando una variazioni dello stesso. La Suprema sottolinea come la Corte Veneziana non ha tenuto conto delle valutazioni dei periti Plebe e Benedetti, i quali sostengono che sia altamente improbabile che la variazione di dimensione del lamierino sia avvenuta in seguito a un taglio.
Sempre nelle motivazioni della Suprema si legge «...sulla base di quanto si legge nella stessa sentenza impugnata non è da escludere che l’intera modellatura del lamierino sia avvenuta - a suo tempo e a opera di Unabomber o chi per lui - utilizzando proprio tale utensile». Cioè la forbice marca Valex sequestrata a casa di Elvo Zornitta.
Zernar era stato condannato a due anni di reclusione (pena sospesa) per violazione della custodia, falso ideologico e frode processuale.
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