Trecento striscioni sui palazzi «Venezia è il mio futuro»

Mobilitazione diffusa in tutti i sestieri organizzata dai volontari di Fai, Gruppo 25 Aprile e Italia Nostra I teli contro i mali della città e le parole del sindaco che aveva detto: «A Mestre c’è la gente che vive»
Di Manuela Pivato
Interpress/Mazzega Venezia, 02.07.2016.- "Venezia ha un futuro", teli colorati esposti in centro storico si iniziativa del gruppo 25 Aprile, FAI e Italia nostra.- Nella foto in Campo S.Silvestro.-
Interpress/Mazzega Venezia, 02.07.2016.- "Venezia ha un futuro", teli colorati esposti in centro storico si iniziativa del gruppo 25 Aprile, FAI e Italia nostra.- Nella foto in Campo S.Silvestro.-

Se il futuro è Venezia, il presente è appeso alle finestre dei palazzi, penzola dai balconi delle scuole, ondeggia sui parapetti dei ponti, passa di mano in mano e, a grandezza lenzuolo matrimoniale, presenta i suoi mali. Il turismo divorante. Il moto ondoso. Il commercio abusivo. I residenti in fuga. La morte dei vecchi mestieri.

Uno, dieci, cento teli - trecento secondo gli organizzatori - spuntati un po’ ovunque, hanno dato vita ieri alla manifestazione “Il mio futuro è Venezia”, annunciata venerdì in sordina per non rovinarne l’effetto e disvelata ieri nel corso di una conferenza stampa all’Antico Gatoleto, in campo Santa Maria Nova, dietro ai Miracoli.

Quel che si è compiuto è un gesto corale spontaneo, una rivolta trasversale alle parole del sindaco Luigi Brugnaro che qualche settimana fa aveva dichiarato che a Mestre c’è la gente che vive, come se Venezia fosse un camposanto, e che sì, insomma, il futuro è oltre il ponte della Libertà.

I veneziani non avevano gradito. Alcuni veneziani meno degli altri ed ecco che Fai, Gruppo 25 Aprile, Italia Nostra, Masegni&Nizioleti Onlus e l’AltraVenezia hanno unito le forze per rovesciare il dogma del sindaco e proclamare al mondo, in undici lingue, su striscioni, magliette e via social, che «il mio futuro è Venezia».

«Con questa manifestazione» spiega il portavoce del Gruppo 25 Aprile, Marco Gasparinetti «abbiamo voluto dare, a un anno esatto dall’insediamento della Giunta Brugnaro, un forte segnale al sindaco e al governo che Venezia è viva e che i suoi abitanti sono pronti anche a proteste eclatanti per dimostrarlo».

La prima, quella di ieri, ha coinvolto centinaia di persone: chi a srotolare il telo fuori dal poggiolo, chi a cucire (dodici ore al giorno per due settimane nel patronato di San Martino), chi a disegnare le scritte (coinvolti anche i writers) sui 700 metri di tessuto, chi a ideare le magliette con il logo che ha la forma di un pesce.

La rivendicazione dell’orgoglio veneziano, mappata casa per casa con l’infografica degli sventolii, quindi documentata e incontrovertibile, allinea sullo stesso ponte di Santa Maria Nova studenti e professionisti, l’ex candidato sindaco Gian Angelo Bellati (già alleato di Brugnaro), Pier Alvise Zorzi, il promotore del referendum per la separazione Marco Sitran.

Quattro barche, nel frattempo, fotografano la protesta che pian piano dilaga. In rio Marin (il primo telo a mezzanotte), San Silvestro, San Bartolomeo, i dodici metri agli Scalzi, San Tomà, Castello, Cannaregio. Da Parigi, Roma, Varsavia, ma anche dalla Svizzera e il Brasile arrivavano intanto altre immagini di partecipazione a distanza. Una signora non riesce a riposare e se la prende con il futuro di Venezia. «Siete dei maleducati» dice.

Galvanizzata dal successo, l’organizzazione pensa già alle prossime iniziative. «Non si può sacrificare la città al turismo di massa e relegare i suoi abitanti in una sorta di riserva indiana» dice ancora Gasparinetti. Nulla di personale contro la terraferma, sia chiaro: una parte delle lenzuola è stata cucita in Viale San Marco.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia