Si è spento Luigi Baldan, combattè Hitler senz’armi
MIRANO. Combatté Hitler senza mai imbracciare un fucile. Si è spento ieri a Mirano, alla soglia dei cent’anni, Luigi Baldan, l’eroe della resistenza non armata contro il nazifascismo. Era stato ricordato anche nei giorni scorsi, per la Giornata della memoria, lui che della Shoah era stato un testimone coraggioso, sabotando la macchina di sterminio messa in piedi dai nazisti nei campi di concentramento.
Marinaio motorista della marina militare italiana, Baldan fu fatto prigioniero e messo ai lavori forzati come meccanico al servizio della grande Germania, nel campo di Sackisch Kudowa, in Polonia, dal 1944 al 1945. In quei lunghi mesi da internato militare, riuscì a sabotare la produzione bellica tedesca e nel contempo aiutò, dando loro quel poco che aveva da mangiare, alcune ragazze ebree internate nel suo stesso campo, salvandone dalla fucilazione una in particolare, responsabile di aver rotto un macchinario. Dal dopoguerra a oggi, nelle numerose testimonianze di quegli eventi, Baldan aveva sempre motivato così la sua opera di coraggio: «Il cuore mi diceva: aiutale, se puoi». Era uno degli ultimi testimoni viventi della tragedia dell’Olocausto, un “partigiano” non combattente, che colpì la follia nazista dal suo interno, mettendo al servizio della libertà le sue competenze e i suoi valori.
Scrisse anche un libro, pubblicato nel 2007 e intitolato “Lotta per sopravvivere, la mia resistenza non armata contro il nazifascismo”, edito da Cafoscarina. Un documento tradotto da poco anche in francese, grazie a Ginette, figlia di una di quelle ragazze ebree deportate, che viveva in Francia e che durante la guerra finì nello stesso lager di Baldan.
Lo scorso novembre il figlio del meccanico novantanovenne, Sandro, da sempre a fianco del padre nella difficile opera di diffusione della memoria di quei fatti, volle ripercorrere la sua avventura, visitando l’ex campo di lavoro polacco, nella città oggi chiamata Kudowa Zdroj, località termale ai confini con la Repubblica Ceca. Poté così vedere con i suoi occhi la zona delle baracche del campo di prigionia del padre, ora adibita ad area residenziale pubblica e visitare la fabbrica, ormai in parte dismessa, dove lavorava con le ragazze ebree per la produzione di pezzi meccanici di aerei destinati alla ditta tedesca VDM.
Oltre a Sandro, Luigi Baldan lascia i figli Caterina e Paolo e la moglie Marilena Berton. I funerali si terranno nei primi giorni della settimana in duomo a Mirano.
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