Sfruttavano le prostitute arrestati cinque bulgari

Tre sono stati bloccati in Italia, due nel Paese d’origine: gli interrogati rifiutano le accuse, uno sostiene di aver aiutato le ragazze tanto da volerne sposare una

MARGHERA. Stando alle accuse, gestivano il traffico di prostitute che esercitano la professione in via Fratelli Bandiera. Sono stati arrestati, con l’accusa di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, cinque cittadini bulgari, quattro uomini e una donna: tre sono stati bloccati in Italia, due nel loro paese d’origine, grazie alla collaborazione dell’autorità di Sofia. Il pubblico ministero di Venezia Alessia Tavarnesi ha chiesto le ordinanze di custodia cautelare poi firmate dal giudice Giuliana Galasso, che ha già interrogato i tre che sono stati sorpresi in Italia. A condurre gli accertamenti sia gli investigatori della Squadra mobile veneziana sia i carabinieri di Mestre: agli inquirenti si sarebbe rivolta una delle ragazze sfruttate, la quale ha riferito quello che ormai sembra essere un iter ormai comune a migliaia di giovani donne provenienti dai paesi dell’Est e dalla Nigeria. Partono con la speranza di trovare un lavoro, la famiglia o loro stesse si indebitano per pagare il viaggio, soldi che poi devono restituire prostituendosi sulle strade italiane. I soldi che guadagnano, spesso cercando rapporti non protetti perché pagati di più, vanno quasi tutti ai loro protettori, ai componenti delle bande che le hanno trasferite dal loro paese all’Italia, spesso con la violenza. A confermare i racconti della ragazze numerose intercettazioni telefoniche.

I tre già sentiti dal magistrato sono difesi dall’avvocato Marco Zanchi hanno respinto le accuse. In particolare uno di loro, che già ha patteggiato due anni di reclusione per fatti simili, avrebbe sostenuto di aver semplicemente dato una mano ad una delle ragazze, bulgara anche lei, che poi si sarebbe innamorata di lui, tanto che tra poco avrebbero dovuto sposarsi con lei. La giovane avrebbe confermato il racconto, facendo addirittura vedere che si era tatuata sul braccio il nome dell’innamorato, Zafir. Nel gruppo, la donna arrestata era colei che accoglieva le nuove ragazze, secondo la difesa a conoscenza già dalla partenza dalla Bulgaria del mestiere che sarebbero venute a svolgere a Mestre e Marghera, e anche quella che si occupava di trasferire il denaro strappato alle giovane in Bulgaria, dove gli arrestati lo investivano soprattutto nel settore immobiliare, acquistando appartamenti. Secondo la difesa, invece, la donna trasferiva nel paese d’origine delle ragazze i soldi che loro stesse le affidavano per questo, visto che non potevano farlo autonomamente perché prive di documenti validi. (g.c.)

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia