"Riina non ha diritto alla libertà. Si pensi alle vittime"
Mirco Schio il poliziotto di Spinea rimasto paralizzato e ora presidente dell'associazione Feriti del dovere si schiera contro la sentenza che spalanca le porte del carcere al boss malato terminale

VENEZIA. «Riina deve restare in carcere. Non ci dovrebbe essere neppure lo spazio per alcun minimo dubbio, nessuna discussione, nessuna farneticazione. Ora lo Stato deve dimostrare senza tentennamenti se davvero sta dalla parte delle Vittime della criminalità e del Dovere oppure no. Perché a queste ultime non si può solo chiedere e mai dare. Perché la giustizia non può essere ridotta a una parola vuota. Perché ad una scelta irremovibile e pervicace, come è stata quella di Riina per la violenza, non può che rispondere una altrettanto ferma determinazione nel pretendere che si assuma tutte le sue responsabilità».
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Mirko Schio, l’agente di Spinea rimasto paralizzato durante una sparatoria a Marghera, ha la voce ferma e lo sguardo disilluso mentre affronta la decisione della Corte di cassazione di rinviare al Tribunale di sorveglianza di Bologna gli atti relativi a Totò Riina, perché decida nuovamente a proposito della richiesta avanzata dalla difesa del boss di Cosa nostra di concedergli i domiciliari o differire la pena a causa dei sui problemi di salute. Il Tribunale ha più volte respinto la richiesta di Riina ma stavolta la Suprema corte ha evidenziato che "il diritto a morire dignitosamente" va assicurato ad ogni detenuto, tanto più che, hanno poi rilevato i giudici, fermo restando lo "spessore criminale" va verificato se Totò Riina possa ancora considerarsi pericoloso vista l'età avanzata e le gravi condizioni di salute.
Ora Mirko Schio è il presidente nazionale del Fervicredo, l’associazione che riunisce i feriti e le vittime del dovere. Lui, quella notte, era di pattuglia con altri colleghi quando un gruppo di terroristi della “Legione Brenno” li attaccò perché stavano per scoprire un carico di armi. Mirko Schio rimase colpito alla spina dorsale. Un collega invece morì.
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Lui non recrimina, ma non intende cedere di un centimetro nella distinzione netta tra Stato e difensori della comunità da una parte, nemici dello Stato e della comunità dall’altra.
«Parliamo di qualcuno che volontariamente e convintamente ha fatto più male di quanto ci si possa attendere da una persona, e pensare che si possa passare sopra a tutto questo solo grazie al trascorrere del tempo è una follia», dice Schio, «Nessuno degli Orfani, delle Vedove, o di ogni singolo italiano che ha subito la bestialità di Riina potrà mai accettarlo. Se questo delinquente senza un briciolo di coscienza lascerà il carcere sapremo senza ombra di dubbio che lo Stato non sta con le Vittime se non a chiacchiere durante le parate di commemorazione».
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«E il diritto delle Vittime a vedere rispettato il loro sacrificio - si infuria Schio - ? E il diritto di Orfani, Vedove, famiglie a vedere rispettato il loro dolore? E il diritto di tutti a un briciolo di sacrosanto impegno per non calpestare ancora più brutalmente la loro e la nostra dignità? E il diritto degli italiani a ottenere una parvenza di giustizia? Basta ipocrisie. Fervicredo non dovrebbe neppure esistere in un Paese che avesse pieno, profondo e totale rispetto per i suoi Servitori che si sono sacrificati per gli altri. Invece siamo costretti a combattere giornalmente per tutelarne i diritti e per ottenere quel minimo di aiuto, rispetto e solidarietà che gli è dovuta. Ma arrivare a dover anche protestare perché si potrebbe scarcerare una belva che ha distrutto senza pietà vite e storie e corpi di tutti indistintamente, dai bambini agli adulti, è davvero oltraggioso e vergognoso. Non possiamo neppure immaginare di trovarci davvero ad affrontare l’incubo di un Riina che varca la cella del carcere lasciandosela alle spalle, strizzando l’occhio ai suoi eterni compari mafiosi e sputando sopra alle tombe di tanti eroi che per noi rappresentano tutto ciò che conta».
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