'Ndrangheta, l'imprenditore Saverio De Martino in carcere
Gli agenti hanno suonato alla porta di casa dell'uomo d'affari calabrese trapiantato al Lido dopo la condanna a 8 anni per concorso esterno in associazione mafiosa
BOLLIS INTERPRESS VENEZIA 13.01.2009.- CARCERI SANTA MARIA MAGGIORE.
LIDO. Gli agenti hanno suonato il campanello di casa De Martino alle 5.30 di mercoledì mattina, per eseguire l’ordinanza di custodia cautelare del Tribunale di Catanzaro: l’imprenditore immobiliare Saverio De Martino - 71 anni, originario di Lamezia Terme e da vent’anni trapiantato al Lido - è così finito in carcere a Santa Maria Maggiore.
La condanna. Nei giorni scorsi è stato condannato dallo stesso Tribunale calabrese a 8 anni di reclusione (con rito abbreviato e, dunque, usufruendo di uno sconto di pena) per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito del processo alle cosche ’ndranghetiste Iannazzo-Cannizzaro-Dapote, che tra estorsioni, omicidi, intimidazioni si sono garantite«la gestione o comunque il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici» nell’area di Lamezia Terme, come si legge nel capo d’impurazione che ha portato a 33 condanne (tra cui tre ergastoli) pronunciate nei giorni scorsi dal Tribunale calabrese.
Nel maggio del 2015, Saverio De Martino era già stato arrestato, accusato di essere l’uomo di riferimento in Veneto della famiglia Iannazzo.
Le accuse. Ad accusarlo, due collaboratori di giustizia (Angelo Torcasio e Giuseppe Giampà) che avevano parlato di uno stretto rapporto tra l’imprenditore e Vincenzino Iannazzo. Agli investigatori i due pentiti avevano raccontato di investimenti della cosca a Venezia per tramite dell'imprenditore da decenni residente al Lido, con attività nel campo dell'edilizia, un'agenzia immobiliare, (allora la gestione delle spiagge dell'Excelsior insieme al figlio Antonio). Avevano detto dell'ospitalità che l'uomo di affari aveva dato al mafioso in più occasioni, di una cena in casa De Martino in cui si sarebbe parlato apertamente di estorsioni.
Il Riesame. All’epoca, i giudici del Riesame avevano annullato il provvedimento cautelare - accogliendo il ricorso degli avvocati difensori Francesco Gambardella e Renato Alberini - sostenendo si trattasse di accuse non circostanziate. Nei giorni scorsi è arrivata la condanna in primo grado e il il giudice per le udienze preliminari - accogliendo le richieste della Procura antyimafia - ha firmato anche la contestuale custodia cautelare in carcere per chi era già stato raggiunto da provvedimento cautelare, per il pericolo di fuda dal momento che «gli imputati sono stati condannati a pene molto elevate che vanno dall’ergastolo agli 8 anni. Circostanze che fanno ritenere probabile che ove rimangano in stato di libertà possano darsi alla fuga, considerando che sono inseriti nell’rganizzazione di tipo ’ndranghetista lamentina che dispone di risorse, uomini, absi logistiche e orgni altro mezzo per gfarantire la fuga e irreperibilità dei sodali».
La difesa. «È una vicenda surreale», commenta l’avvocato Renato Alberini, che annuncia ricorso in appello contro l’ordinanza di custodia, «perché si trattano allo stesso modo persone condannate a 8 anni o all’ergastolo. Nello specifico, Saverio de Martino è un uomo incensurato, nel corso delle indagini i giudici del Riesame hanno riconosciuto che nelle sue conoscenze con la famiglia Iannazzo non c’erano risvolti penalmente rilevanti. È un uomo di 71 anni che soffre di apnee notturne e dorme con una mascherina per respirare: non c’è alcun pericolo di fuga. Ricordando poi che siamo solo al primo grado di giudizio e siamo convinti di dimostrare l’insussistenza delle accuse. Incredibilmente, nonostante tutto, è sereno e convinto che la giustizia dimostrerà la sua innocenza».
Il latitante. La Procura antimafia contestava a De Martino di aver ospitato al Lido Vincenzino Iannazzo nel 2009, dopo che l'uomo era stato costretto ad allontanarsi da Lamezia Terme per contrasti all'interno della cosca. Poi, quando l’uomo si rifugiò in Iralanda, gli propose telefonicamente di acquistare insieme un ristorante il cui prezzo si presentava conveniente». Antonio Provenzano sulle presunte vanterie politiche di De Martino: «Si puliva, cercava di infilarsi nella politica, diceva che il sindaco di Venezia era vicino a loro, per tutti questi grossi appalti che prendeva a Venezia». I rapporti con Iannazzo - per i giudici del Riesame - si giustificherebbero anche «per la necessità di essere salvaguardato da eventuali ritorsioni da parte della famiglia Giampà per l'uccisione avvenuta nel 1992 del ventenne Giuseppe», ucciso per un incidente dal figlio di De Martino, maneggiando incautamente una pistola. Ma è arrivata la condanna per concorso esterno. E le manette.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia
Video