Mestre, l'anniversario delle bombe. Quando i barbanera eravamo noi

Il 28 marzo 1944 morirono sotto un bombardamento 173 persone. Il ricordo e la ricerca dei testimoni: "Decine di famiglie sfollate sotto il cavalcavia"
Famiglie mestrine e di Marghera sfollate sotto il cavalcavia
Famiglie mestrine e di Marghera sfollate sotto il cavalcavia

MESTRE. Diceva Cicerone: «La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi». Da troppo tempo le vittime del bombardamento su Mestre del 28 marzo 1944 sono finite nel dimenticatoio, uno dei luoghi più “affollati” di Mestre, città che non ha ancora imparato a praticare con correttezza l’esercizio, quotidiano, della memoria collettiva.

Memoria. Un evento dimenticato, quello dei bombardamenti del 1944 di cui ricade quest’anno il 73° anniversario e in cui morirono 173 persone. Uomini e donne, bambini, civili e lavoratori. Sotto le bombe andarono distrutte 400 abitazioni e tantissimi finirono sfollati: alcuni ripararono sotto le campate dell’attuale cavalcavia di Mestre. Negli stessi luoghi che oggi ospitano i mendicanti, emblema del degrado cittadino. Le ossa delle 173 vittime dei bombardamenti sono custodite in un sacello sul lato destro della chiesa di via Piave, la chiesa di Santa Maria di Lourdes.

Ricordo. E martedì 28 qui si terrà alle 17.30 una messa di ricordo, primo atto di un progetto di recupero della memoria che potrebbe portare entro l’autunno ad una mostra. L’operazione di recupero del ricordo collettivo passa anche attraverso una fotografia dove spiccano gli occhi, smarriti in mezzo alla distruzione della guerra, di due bambine. La più grande tiene tra le braccia la sorellina e il suo sguardo, preoccupato per il suo domani che è il nostro ieri, è arrivato a noi solo grazie a un libro che ha documentato il dramma dei bombardamenti alleati su Mestre. Si tratta di “Mestre 1944- Parole e bombe” dello storico Sergio Barizza.

Testimoni. «Chi sono queste due bambine? Sono ancora vive? Se qualcuno le conosce ci aiuti a rintracciarle», dice il giornalista televisivo Stefano Pittarello che assieme a Fabrizio Baroni ha organizzato la messa di oggi pomeriggio in via Piave. Pittarello, quel 28 marzo 1944, ha perso suo nonno Ferruccio, poco più che quarantenne ucciso dalle bombe mentre lavorava su un treno nel Veronese. Stefano non lo ha mai conosciuto ma ha un luogo dove ricordarlo: il sacello nella piccola chiesa di via Piave.

Due bimbe davanti alle macerie della loro casa distrutta. Qualcuno le conosce (foto dal libro di Sergio Barizza)
Due bimbe davanti alle macerie della loro casa distrutta. Qualcuno le conosce (foto dal libro di Sergio Barizza)

Mostra. Baroni e Pittarello hanno l’ambizione di smuovere Mestre dal torpore di una città che non ama ricordare. «Ci piacerebbe per il settembre mestrino, con altre associazioni storiche e la rete di Mestre Mia, allestire una mostra al Candiani per ricordare il bombardamento, le vittime, comprese quelle dei bombardamenti della Prima guerra mondiale», spiegano. «Vorremmo nella mostra anche dare un nome a quelle due bambine e raccogliere, se possibile, la loro testimonianza diretta di quei giorni».

Bombe. Le bombe segnarono le fasi finali della seconda guerra mondiale: il territorio di Mestre e Marghera subì numerosi bombardamenti che causarono la morte di centinaia di persone tra la popolazione civile, colpendo la stazione ferroviaria e la zona industriale di Porto Marghera. Nel bombardamento del 28 marzo 1944 colpito fu il centro urbano di Mestre, tra piazza Barche, via Mestrina, via Cappuccina, via della Giustizia e via Piave e Marghera. Poi toccò all’area industriale di Marghera. Alcune bombe sono state recuperate solo alcuni anni fa nei tanti cantieri aperti in città come quello del sottopasso del tram.

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