Il Patriarcato ai cattolici: «Basta ipocrisie, digiuniamo anche dal pesce»

Monito ai fedeli del responsabile della Pastorale per gli Stili di vita: «Non è un invito al vegetarianesimo, ma astenersi il venerdì soltanto dalla carne è auto ingannarsi. E poi ogni anno nel nostro paese finiscono al macello 24 milioni tra bovini, caprini, suini, cavalli. È un eccesso, siamo 60 milioni, quanto mangiamo?»

MESTRE. Non solo carne, anche pesce. È provocatoria la proposta del Patriarcato di Venezia e nello specifico della Pastorale per gli Stili di vita guidata da don Gianni Fazzini, che in questi anni si è speso per sensibilizzare i cristiani su tematiche che riguardano il creato, l’ecosistema, ma anche l’uomo nel suo vivere quotidiano. In vista anche della preparazione dell’Expo 2015 sul tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, gli Stili di vita chiedono di riflettere sul cibo e sulla sua provenienza, così come su chi patisce la fame e sullo sfruttamento di Madre Terra. Se per i cristiani il digiuno dalla carne spesso rientra all’interno della tradizione, il digiuno dal pesce rappresenta una novità che rompe gli schemi. Cosa significa? Lungi dal voler instillare il vegetarianesimo nei fedeli, quello che il Patriarcato chiede, è un approfondimento necessario nell’epoca dell’abbondanza. «Domandiamo di riflettere sull’uso di carne e pesce», spiega don Fazzini, «alla fin fine quella del mangiare pesce al venerdì è un po’ un’ipocrisia. La nostra è una provocazione, siamo passati da un sacrificio, al vedere le conseguenze che il nostro “nutrirci” ha sul creato, di cui non fanno parte solo i mammiferi e la carne, ma anche i mari che vengono spopolati di pesci. Spostando l’attenzione dal sacrificio all’amore per la madre terra, abbiamo capito che non si può digiunare solo dalla carne al giorno d’oggi, serve digiunare anche dal pesce. Vogliamo riflettere su quanto i nostri consumi creano sofferenza al creato che ci è stato affidato e agli animali, perché sappiamo in che modo sono trattati per procurare la carne, ma anche sugli squilibri tra le popolazioni». La Pastorale ha fatto due conti. «Sono rimasto colpito dai numeri di quanti animali vengono usati. Ogni anno nel nostro paese finiscono al macello 24 milioni tra bovini, caprini, suini, cavalli. È un eccesso, siamo 60 milioni, quanto mangiamo? A ciò che si devono aggiungere 29 milioni di conigli e centinaia di milioni di avicoli, una cifra esorbitante, solo in Italia mezzo miliardo di animali macellati ogni anno. Per fare una porzione di carne, viene usata una quantità di cereali che potrebbe fornire 15 porzioni di cibo, i cereali che sono necessari per una porzione potrebbero saziare moltissime persone. Nel mondo c’è cibo per tutti e un miliardo di persone patisce la fame». Chiarisce: «Serve una visione globale». E qui secondo don Gianni si innesta il libero mercato. «La struttura del libero mercato, che può andare bene per alcune attività, non funziona per il cibo e la cosa interessante è che il padre di slow food Carlo Petrini, parlando di Expo, ha detto in modo chiaro questo: siamo qui per nutrire il pianeta, ma finché non abbiamo coraggio di dire che il cibo non può star dentro il libero mercato, avremo la fame nel mondo: bisogna difendere coltivazioni e produzioni locali e pretendere che localmente il cibo sia rispettato. Invitiamo durante la Quaresima a riflettere sul costo del nostro nutrimento per la madre terra e per gli uomini che la abitano. Le coltivazioni di pesce in Olanda, avvengono drenando il pesce che vive sulle coste del Cile, che viene essiccato e dato come mangime ai salmoni, ma di esempi simili ce ne sono a bizzeffe». Ecco perché in questo momento, mangiare pesce al venerdì e saltare la carne, suona anacronistico se letto nel contesto complessivo. «Quello che chiediamo è un digiuno dalla carne e dal pesce per riflettere sulla loro provenienza e su quanto costa alla natura»

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