Gullit a Jesolo: «È cambiato tutto giusto che cambi anche il Milan»
Il Tulipano Nero testimonial dell'esposizione "Calcio in mostra" parla del suo antico amore per la maglia rossonera. «Berlusconi unico, ma era il tempo di lasciare In Italia è la Juventus il modello da seguire»
JESOLO. «Nel calcio tutto sta cambiando e forse il presidente, a ottant'anni, ha pensato che fosse ora di lasciare. Auguro ai cinesi di vincere anche loro tante coppe. Ma Berlusconi è stato il più grande presidente di tutti i tempi». Dal closing agli stadi vuoti del calcio italiano, dai trionfi con il Milan all'esordio da scrittore.
Ruud Gullit è sbarcato a Jesolo per fare da testimonial all'inaugurazione di "Calcio in mostra". Promossa da Venice Exhibition e aperta da oggi nella sede espositiva a lato di piazza Brescia, la mostra propone oltre duecento cimeli della storia del calcio. Tra questi, anche la maglia del Milan indossata da Gullit in una sfida contro la Juventus e autografata per l'occasione dal giocatore olandese. Che dopo aver visitato la bella mostra, si è soffermato a parlare di tutto.
A iniziare dal closing. «C'è sempre un tempo nelle cose. A ottant'anni il presidente non aveva più tempo e voglia come prima ed è normale che abbia cercato qualcuno che prendesse il Milan per mantenerlo in alto», dice Gullit, «La Cina è un grande Paese e vogliono diventare importanti nel calcio mondiale. Nel calcio tutto sta cambiando e anche Paesi nuovi vogliono essere protagonisti».
Per Gullit quella rossonera resta la maglia del cuore. «Al Milan ho avuto l'opportunità di giocare per la prima volta ad alto livello, com'era l'Italia in quel momento. Ho incontrato grandi presidenti in carriera, ma non ce n'è uno che abbia vinto tanto come Berlusconi. Era molto vicino a noi, veniva sempre ad Arcore, magari con l'elicottero. Ci ha insegnato un modo di pensare il calcio e anche di presentarsi nel calcio. È stato molto importante per me e per il Milan».
Gullit racconta di non avere molte occasioni per seguire oggi il nostro calcio, perché in Olanda ormai trasmettono quasi solo il calcio inglese e spagnolo. «In Italia il problema è che gli stadi sono vuoti e vecchi. L'anno scorso con mio figlio ho visto Milan-Cesena e c'erano ventimila persone scarse. Mai vista così poca gente ai miei tempi», prosegue Gullit. «La Juve? Gioca un bel calcio e vince con merito. Sono gli unici che hanno uno stadio moderno, sarà una coincidenza?».
In Italia mancano anche i grandi nomi, com'era il trio olandese Gullit-Rijkaard-Van Basten. «A livello tecnico gli italiani sanno sempre giocare a calcio, questo non è cambiato. Non ci saranno più le star assolute, ma ci sono tanti giovani che stanno emergendo. Il futuro del calcio italiano sarà sempre importante. Ma per dargli una spinta bisogna cambiare tanto, soprattutto gli stadi».
Gullit intanto ha scritto un libro che s'intitola "Non guardare la palla". «Il calcio non è difficile, è un gioco. Ma agli italiani piacciono le discussioni sul calcio. Ognuno ha una sua opinione e ha un po' ragione. E allora anche io ho voluto dare una spiegazione su come vedo il calcio», aggiunge l'ex rossonero. Che approfitterà di questi giorni per visitare per la prima volta Venezia.
Inevitabile chiedergli di Pippo Inzaghi, che sta portando il Venezia in B. «Non sapevo che fosse qui. È stato un attaccante con caratteristiche uniche, come allenatore sta facendo bene: penso che alla fine anche l'esperienza al Milan gli abbia giovato».
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