Dietro a quel cancello, la storia degli ebrei diretti ai campi di sterminio

L’abbandono della settecentesca, residenza del sindaco di Chirignago. Da qui centinaia di persone furono mandate in Germania  

CHIRIGNAGO. Un cancello arrugginito, avvolto dai rovi e, oltre, dell’erba incolta che abbraccia l’intero complesso. Siamo a Chirignago, lungo via Risorgimento, davanti a Villa Friedenberg, un edificio risalente al XVIII secolo, ora completamente abbandonato a se stesso. Fatiscente, in parte crollato, depredato dai vandali. La sua storia è raccontata in un articolo pubblicato sabato su vanillamagazine.it dalla giovane giornalista Sonia Ricchetti, «amante dell’urbex: l'esplorazione urbana».



La rilevanza di Villa Friedenberg è duplice. Da un punto di vista architettonico: parliamo di un edificio costruito nel classico stile delle «ville venete». Il corpo centrale si sviluppa per circa quaranta metri. Ai lati della struttura, alcuni rustici annessi e una barchessa che dà su via Asseggiano, dove si trova l’ingresso principale. Il tutto, all’interno di un parco di due ettari, che al suo interno conta due magnolie secolari, i resti di una fontana dei XVIII secolo, marmi, reperti romani, vasi, laghetti, grotte e un tempietto gotico.



Ma la sua importanza è legata anche alla storia dell’edificio, che si intreccia con la storia. Seconda Guerra Mondiale: Villa Friendenberg diventa luogo di smistamento degli ebrei diretti ai campi di sterminio. Ma procediamo per gradi. La villa fu fatta costruire da Pietro Prezzato, figlio di Agostino, «Gran Guardian» della Scuola della Misericordia di Venezia. Venne poi ceduta nel 1877 al generale Gyulaj, quindi a una famiglia ungherese e infine a Vittorio Friedenberg, anch'egli ungherese, ma di stirpe ebraica, nonché sindaco di Chirignago agli inizi del ‘900. 8 settembre 1943. Le sirene, i bombardamenti dei tedeschi. Chirignago non viene risparmiata.

Case sventrate, intere famiglie sfollate. Trovano riparo a Villa Emma (all’epoca l’edificio era conosciuto con questo nome, in omaggio alla moglie di Vittorio Friedenberg). Ma gli sfollati non erano soli. Soprattutto la sera, quando nell’edificio venivano letteralmente scaricati interi carri trainati da cavalli, con al loro interno decine di ebrei. Venivano condotti all'interno della villa e ammassati in un'unica stanza. Cinquanta persone, lì, per trascorrere la notte, in attesa del viaggio del giorno successivo. Verso il campo di concentramento. Verso la morte. Parlare di omertà è inopportuno: chi aveva trovato riparo dai bombardamenti in quella villa probabilmente non sapeva davvero cosa stesse succedendo. Così come non lo sapevano gli abitanti di Chirignago che risiedevano negli edifici adiacenti alla struttura. I movimenti erano soprattutto notturni. La verità, terribile, sarebbe venuta a galla solo al termine del conflitto mondiale. Sulle pareti della villa gli ebrei deportati scrissero i loro nomi: testimonianza eterna del loro passaggio. Ultimo segno del loro passaggio. Macchiato ora dai vandali, che hanno imbrattato le pareti dell’edificio con scritte di ogni genere. Alcune inneggianti al nazismo: le svastiche. Ulteriore schiaffo a cui non si è saputo rispondere, nonostante il vincolo ministeriale che protegge la villa, che è stata dichiarata dal Ministero per i beni culturali e ambientali di particolare interesse storico - artistico. La struttura - di proprietà privata - versa in uno stato di abbandono, chi se ne deve occupare è evidentemente sordo al richiamo della Storia, che vede in Villa Friedenberg un simbolo della memoria collettiva della comunità. —


 

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