Dai ferri vecchi ai traffici di rifiuti cancerogeni
In gioco ci sono beni per 10 milioni di euro. È alle battute finali il processo che vede protagonista Loris Candian imprenditore nel ramo dei rifiuti che nel maggio dell’anno scorso si è visto sequestrare ville, case, quote di fondi azionari (box a parte con i beni) per un valore appunto di 10 milioni.
Un enorme patrimonio frutto del fatto, secondo la procura di Venezia, che «per molti anni Candian Loris sia stato dedito, per finalità di profitto, a traffici illeciti di rifiuti per quantitativi ingenti, e abbia improntato su basi delittuose l’operatività della Cal srl, società di cui è stato legale rappresentante».
In pratica secondo la Procura tutto questo ben di dio è il frutto dell’attività illegale condotta nel campo dei rifiuti da Loris Candian in vent’anni di carriera.
Si tratta del primo provvedimento in Veneto di sequestro di beni per traffico illecito di rifiuti. Il tribunale di Venezia dovrà decidere, a breve, se confermare il sequestro o ridurne la portata. Sul merito del provvedimento non dissente nemmeno la difesa dell’imprenditore che ha proposto di “ridurre il danno” a 1, 8 milioni.
Candian, originario di Dolo e residente a Padova in un lussuoso appartamento con affaccio su piazza della Frutta, negli ambienti investigativi è considerato il numero uno del settore e, secondo la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti “l’elenco dei fatti addebitati è davvero impressionante e i relativi documenti di prova sono contenuti in numerosi faldoni depositati”
L’imprenditore cinquantaduenne, come si suol dire, si è fatto da sé iniziando con il padre la raccolta porta a porta dei ferri vecchi per poi impiantare all’inizio degli anni ’90 la Cal di Fossò, uno stabilimento per il trattamento e lo stoccaggio dei rifiuti. In pochi anni la Cal è arrivata a trattare 370 tonnellate di rifiuti al giorno. Anni punteggiati da visite ispettive, sopralluoghi e inchieste che puntualmente registravano irregolarità, o peggio, nella gestione dei rifiuti. Di quando in quando Candian è finito implicato in importanti inchieste come quella emersa nel 2005 in cui si appurò che la Cal in collaborazione la ditta Rossato di Pianiga fingevano di trattare le vecchie traversine delle ferrovie imbevute di un distillato del petrolio, il cresoto, altamente cancerogeno. In realtà il trattamento era del tutto fittizio e le traversine venivano vendute tal quali per chi volesse erigere palizzate da giardino, oppure venivano triturate e mischiate con altro legno per farne tavole di compensato per mobili di vario genere. Candian per questa vicenda è stato arrestato per traffico di rifiuti pericolosi e tossici, ma nel 2015 per gli imputati nella vicenda è scattata la prescrizione. Il pubblico ministero Giorgio Gava ha calcolato che solo tra il 2001 e il 2003 tre milioni di chili di legno impregnato di veleni sono stati venduti in giro per l’Italia. Il trattamento del legno era solo sulla carta: tanto che dalla ditta Edil Primavera di Reggio Calabria, controllata dalla famiglia di ’ndrangheta degli Alampi le traversine figuravano in viaggio verso la Rossato e la Cal di Fossò, ma in realtà rimanevano alla base. Sandro Rossato, socio di Candian in questo affare, ora deceduto, era stato arrestato una prima volta nel 2007 e poi nuovamente nel 2014 per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti per iniziativa della Procura Antimafia di Reggio Calabria, che ha evidenziato gli interessi della ’ndrangheta, e della famiglia Alampi in particolare, nell’affare dei rifiuti in Calabria.
Da quanto apprendiamo dalla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti Loris Candian, «al fine di conseguire i cospicui ingiusti profitti con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e di attività continuative, cedeva, riceveva, trasportava, smaltiva e, comunque, gestiva abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti (quantificabili in migliaia di tonnellate) pericolosi e non pericolosi, delle più varie tipologie». Insomma l’attività illecita sarebbe stata continuativa e consisteva sostanzialmente nella “miscelazione di rifiuti pericolosi” per poi inviare allo stabilimento di destinazione una sostanza di cui non veniva indicata l’origine o la composizione. Il rifiuto pericoloso veniva così “declassato”, si risparmiava sul trattamento, ma le miscele venefiche venivano considerate alla stregua di banali rifiuti. C’è ancora un procedimento in piedi che vede Candian imputato per questo genere di pratiche, ma il rischio di prescrizione è dietro l’angolo. La passione per questo genere d’attività dev’essere un marchio di famiglia se anche la cugina Lolita Candian è finita in un’inchiesta del pubblico ministero Giorgio Gava, per la gestione del vetro dei tubi catodici che venivano classificati come non pericolosi malgrado si trattasse di sostanze cancerogene. Molte migliaia di tonnellate di rifiuti, virtualmente bonificati, venivano miscelati con altri rifiuti e esportati a Hong Kong, in India e in Malesia.
Malgrado la reiterazione dei reati ambientali e il fatto che la commissione parlamentare abbia sottolineato come «sicuramente Candian Loris è da considerarsi un soggetto molto pericoloso», alla fin fine l’imprenditore originario di Dolo se l’è sempre cavata con poco, soprattutto a fronte dei guadagni che ha incassato da questa attività.
Finché la determinazione degli uomini della Guardia di Finanza di Venezia non ha portato al sequestro milionario dei suoi beni che in effetti deve aver turbato non poco i sonni di Loris Candian che formalmente si è ritirato dal settore dei rifiuti già nel 2008 con la vendita della Cal per dedicarsi a tempo pieno al noleggio di auto di lusso e al settore immobiliare. Ma dal 2013 è la moglie, Debora Battistello, a figurare amministratrice della Zac srl di Chirignago, specializzata in “commercio all’ingrosso di rottami e cascami”. Come dicevamo, una passione di famiglia.
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