«Così Luigi Baldan mi aiutò nell’inferno del lager»
MIRANO. La cattura. Il viaggio crudele, a piedi e nei carri bestiame. L’orrore atroce del campo di concentramento. Il coraggio di opporsi, di resistere, di rischiare la vita per aiutare alcune giovani ragazze ebree anche se l’istinto dice di pensare a se stessi: la solidarietà può costare la vita nei campi di concentramento.
Sono passati più di 70 anni da quando Luigi Baldan riesce a scappare dal campo di Sackisch -Kudowa in Polonia. È una storia terribile la sua, testimonianza del male di cui è capace l’uomo ma anche del bene che può germogliare anche nell’oscurità più profonda.
Il 19 gennaio, la storia di Luigi Baldan, vissuto a Mirano dal 1954 al 2017, anno della sua morte) rivivrà su “TG1 -Persone”. A raccontarla sarà Edith, una signora che vive ad Haifa, in Israele. Edith è ebrea, ha 90 anni, nel 1944 era anche lei a Sackisch – Kudowa. Ha vissuto l’inferno. La fame, il lavoro estenuante, la violenza dei Kapò tedeschi che riservano un trattamento “speciale” alle giovani ragazze ebree.
Edith è una delle ragazze che sono state aiutate da Luigi Baldan che per due anni racimola le poche risorse alimentari che si possono trovare nel campo passandole alle giovani ragazze che così riescono a sopravvivere alla terribile realtà dell’internamento.
Ma la storia di Luigi Baldan inizia prima della deportazione. C’è un prima e un dopo, che lo stesso Baldan racconta in un manoscritto del 1951, pubblicato poi nel 2007 con il titolo Lotta per sopravvivere - La mia Resistenza non armata contro il nazifascismo. Sono i primi anni 40, in Europa infiamma la Guerra.
Luigi Baldan è poco più che ventenne, è nato a Dolo nel 1917. È motorista in forza alla Marina militare e nel 1943 è in servizio in Dalmazia, nel porto di Sebenico, dove assiste all’uccisione di alcuni suoi compagni marinai, trucidati da un gruppo di partigiani bosniaci.
Decide, nonostante il dolore e la rabbia, di non partecipare alla vendetta operata dagli italiani sulla popolazione di Capocesto, paese vicino Sebenico. L’8 settembre 1943 il generale Pietro Badoglio annuncia l’armistizio: in Italia esplode il caos, la guerra civile che divide e insanguina il paese. Luigi Baldan viene catturato dai soldati tedeschi. Inizia il viaggio verso l’inferno.
Un’interminabile marcia a piedi lungo l’entroterra della Jugoslava. Poi il trasporto sui carri bestiame, che ti fanno sentire un animale, pensati per annientare l’umanità dei prigionieri. La carovana arriva in Germania, a Francoforte. Poi Baldan e gli altri detenuti vengono trasportati in Polonia, nel campo di concentramento di Sackisch – Kudowa. Baldan è giovane, robusto, viene indirizzato a lavorare in una fabbrica del campo. Si lavora sempre, non si mangia quasi mai. E nel campo c’è l’orrore. Baracche gelide, violenze di ogni tipo con i soldati tedeschi che si accaniscono sui più deboli. Che muoiono.
Luigi Baldan decide proprio di aiutare i più deboli, un gruppo di ragazze ebree. Divide con loro il poco cibo a disposizione e quando riesce a racimolare un pezzo di pane in più lo condivide sempre donandolo alle ragazze costantemente prese di mira dalla polizia del campo.
Non solo cibo, Baldan lavora in una fabbrica bellica: ruba pezzi di lana per dare alle ragazze qualcosa con cui coprirsi durante le gelide notti. Rischia tanto, tutto, la punizione per chi aiuta altri detenuti, specie se ebrei, è l’impiccagione. Cibo, coperte e informazioni. Lavorando a contatto con i polacchi, Baldan riceve notizie sull’andamento della Guerra e le riporta alle ragazze e agli altri prigionieri. Racconta le sconfitte dei tedeschi, l’avanzare degli Alleati: dà quella speranza che aiuta ad andare avanti, a trovare la forza di sopravvivere nel pensiero che l’inferno forse finirà.
A un certo punto un’occasione, una giornata in cui i controlli sono meno serrati: Baldan ne approfitta e riesce a scappare. Corre disperato nei boschi polacchi, e dopo giorni, raggiunge Nachod in Cecoslovacchia. Assiste all’arrivo delle truppe di liberazione russa e finalmente riesce a rientrare in Italia. Il paese è diviso, insanguinato. Baldan rifiuta di aderire alla Repubblica di Salò, prende parte alla Resistenza a cui aderisce senza mai prendere in braccio un fucile: di violenza ne ha vissuta troppa.
Aiuta però le operazioni di sabotaggio della produzione bellica nazista e per il suo impegno viene insignito della Medaglia d’onore per gli internati nei lager nazisti e del titolo onorifico di Cavaliere della Repubblica. Luigi Baldan si è spento il 3 febbraio 2017. Fino all’ultimo ha raccontato la sua storia andando nelle scuole: l’orrore non può essere dimenticato. E nemmeno la generosità di Luigi Baldan. Il 19 gennaio, su Rai 1, sarà Edith, una delle ragazze ebree del campo, a far rivivere questa storia. —
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