Commessa insulta gli ebreiMediaworld costretta a scusarsi
Cliente protesta, lei gli chiede il cognome: «Li riconosco da come si chiamano». Poi aggrava la situazione: "Si dice così anche dei negri". Così l'azienda interviene e alla fine arrivamo le scuse per la comunità ebraica di Venezia
Il Mediaworld di Mestre
MESTRE. "Ma quello è un ebreo di merda". La frase lapidaria è stata pronunciata da un'impiegata all'interno di Mediaworld, il megastore dell'elettronica di via Don Tosatto, mentre parlava al telefono con qualche conoscente. A sentirla, per caso, un cliente che come gli altri stava attendendo il suo turno, il quale più degli altri si è sentito chiamato in causa dalle parole della donna, perché di famiglia ebrea.
L'episodio è avvenuto lo scorso fine settimana. Il testimone è il figlio di Dario Calimani, cugino di Riccardo Calimani, scrittore e noto storico dell'ebraismo italiano. Il ragazzo, evidentemente scocciato, per tutta risposta ha chiesto: "E se io fossi ebreo?". A questo punto l'impiegata ha alzato gli occhi, guardando chi aveva di fronte e, anziché scusarsi per l'uscita infelice, ha domandato al giovane se volesse polemizzare, chiedendo di conoscere il cognome della famiglia per verificare se era davvero ebreo, sostenendo di saper riconoscere gli ebrei dal solo cognome.
"La donna - racconta Dario Calimani - ha pure ribattuto candidamente che come si dice ebreo di merda, in alcuni ambienti si dice anche negro di merda".
La vicenda si è conclusa con le scuse del capo area e del direttore. "E' vero - conferma il responsabile delle relazioni esterne di Mediaworld - è accaduto e ci scusiamo come gruppo e come azienda con tutta la comunità ebraica: è stata una frase mal detta e maleducata da parte del dipendente esuberante, che non ha tenuto conto dell'educazione e della civiltà comune. Prendiamo le distanze dall'affermazione e ci uniamo alle scuse del direttore del punto vendita, Fulvio Scibè. Al nostro interno - prosegue - provvederemo a prendere le corrette misure a riguardo. L'antisemitismo qui non c'entra, è una frase maleducata espressa pubblicamente che non va detta punto".
"La gravità - spiega Dario Calimani, padre del giovane - è la mancanza di cultura civile. Invece che chiedere scusa l'impiegata ha domandato a mio figlio se voleva far polemica, è pura follia. Evidentemente viviamo in una società che dà per scontato che essere razzisti e separare anche linguisticamente la maggioranza dalla minoranza per offenderla è normale, sono scioccato e purtroppo la definizione "ebreo di merda" la sento per la strada, è invalso questo linguaggio. Che sia negro, ebreo, romeno, albanese poco importa, è pericoloso non parlarne, non possiamo passare sotto silenzio un linguaggio razzista, sta prendendo piede una prepotenza di carattere sociale che è disarmante. Si crede di poter dire a chiunque quello che si vuole. I politici ci stanno insegnando l'immoralità, l'arroganza, la falsità, la prevaricazione e il privilegio".
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