Chioggia, l'orologio dei misteri: «È il più antico al mondo, ma non è di Dondi»
CHIOGGIA. Decine di ore dentro l’archivio storico, migliaia di documenti da leggere, un anno di studi e comparazioni. Il 2004 è stato l’anno della svolta nella storia dell’orologeria da torre mondiale con la scoperta del meccanismo custodito nel campanile di Sant’Andrea, probabilmente l’esemplare da torre più antico del mondo, antecedente al 26 febbraio 1386. Tutto è partito da una mail e dalla passione per l’orologeria di Marisa Addomine, ingegnere, appassionata di paleografia, presidente del Registro italiano orologi da torre.
Come ha scoperto l’esistenza dell’orologio di Chioggia?
«Tutto partì con alcune fotografie spedite via mail dal maestro Aldo Bullo di Chioggia al mio collega Ettore Pennestrì, ordinario di meccanica all’università Tor Vergata. Nelle foto si vedeva il meccanismo di un orologio antico, in ferro battuto. Dalle immagini subito Pennestrì notò due cose: che di certo si trattava di una costruzione antica, ma che non aveva complessità di ingranaggi. Il professore rispose a Bullo che l’orologio era di certo interessante, ma che per le caratteristiche sarebbe stato più utile passarlo a me, che sono appassionata di arche-orologeria e così quella famosa mail approdò sul mio pc».
Fu così lei che arrivò a Chioggia?
«Esatto, vidi le foto e il 12 ottobre venni a Chioggia per visitare la torre e vedere dal vivo il meccanismo. Parlai con Bullo, grande conoscitore della storia locale. Mi raccontò che l’orologio fino a metà Ottocento si trovava nel palazzo pretorio e da lì, in seguito all’incendio, era stato spostato a Sant’Andrea. L’orologio era ricoperto di una vernice rossa, anche dopo averla rimossa non trovammo nè firme né date. Mi venne subito in mente che Chioggia, l’avevo studiato, ha un archivio storico importante, ricco e ben organizzato. Le nostre ricerche iniziarono da lì».
Di cosa siete andati in cerca?
«Un orologio da torre all’epoca era un oggetto molto costoso, di certo la manutenzione era una voce di spesa importante in un bilancio comunale. Consultammo centinaia di volumi alla ricerca di qualsiasi passaggio in cui fosse nominato l’orologio del palazzo pretorio. Partimmo dal 1600 e andammo indietro. L’orologio era spesso citato, vuoi per i pagamenti del manutentore, vuoi per piccole spese di sistemazione. In un passo del 1500 si citava la suoneria che all’inizio batteva in 24 ore e poi è stata ammodernata battendo le 12 ore. Ancora più indietro scoprimmo che nel 1423 la città era in disperazione perché l’orologio si era rotto e si temeva che per la riparazione fosse introdotta una tassa. Fu chiamato un esperto veneziano che risolse il problema con la riparazione della ruota magistra a cui applicò quattro denti nuovi a coda di rondine, un intervento complicatissimo che eseguì con maestria e l’orologio tornò a funzionare. Già il 1423 sarebbe stato sufficiente per decretare l’esemplare di Sant’Andrea tra i più antichi del mondo, ma la nostra ricerca ci premiò ulteriormente».
Cosa avete scoperto?
«Un documento del 26 febbraio 1386 in cui gli economi del Comune chiedono di saldare la spesa per l’orologio e di votare per renderlo funzionante. Si diede l’incarico a Pietro Bozza, per 5 lire al mese, di occuparsi della manutenzione. Non potemmo andare più indietro con la ricerca perché c’è un black out nell’archivio storico a causa della guerra contro i Genovesi. Ma è evidente che se il 26 febbraio 1386 si parla di saldare, l’orologio esisteva già. Il frutto di un anno di ricerche fu presentato il 30 novembre 2005 in una conferenza pubblica».
Chioggia quindi batte Salisbury a cui da sempre va il primato mondiale?
«Di certo la nostra documentazione, in questo momento, è più dettagliata della loro. Loro sanno solo che nel gennaio del 1386 si cercava una bottega in locazione destinata all’orologiaio. Gli amici inglesi sono rimasti colpiti dalla ricerca di Chioggia e hanno colto con sportività la possibilità che Salisbury perda il primato. Hanno deciso di dare avvio a una ricerca a setaccio come la nostra e hanno nominato una commissione di tre esperti per condurla. Nei tre ci sono anch’io, a testimonianza che non c’è rivalità, ma solo la voglia di ricostruire la storia».
Nell’immaginario di molti chioggiotti l’orologio da torre è attribuito a Giovanni Dondi. È possibile che ne sia davvero l’autore?
«Direi proprio di no. Per tanti motivi. Il Dondi a quell’epoca non era in città, lavorava con l’ottone e non con il ferro e soprattutto si dedicava a meccanismi molto più complessi, come si evince leggendo il trattato sull’astrario del 1365. Chioggia possiede già un primato mondiale, non ha bisogno di strizzare l’occhio al Dondi per aumentarne il prestigio. Se poi vogliamo pensare che qualche fabbro locale che aveva visto il Dondi lavorare sia rimasto colpito e per conto proprio si sia messo a abbozzare l’orologio, può anche darsi. La famosa ipotesi dei piedi a zampa di cane usata per associare l’orologio all’astrario del Dondi è un bluff. Appiattire e allargare i punti di appoggio di un manufatto in metallo era cosa che si faceva già in epoca antichissima, con gli Egizi, e non c’entra assolutamente nulla con la forma dei sostegni dell’astrario, definita e perfettamente documentata».
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