Assolte per la tratta, 11 anni per lo sfruttamento

La Corte d’Assise condanna due nigeriane per aver fatto prostituire una connazionale. Cadono le accuse più pesanti
Sassari 20011024 Prostituzione nigeriane sul marciapiede ( / )
Sassari 20011024 Prostituzione nigeriane sul marciapiede ( / )

MESTRE. L’unica accusa rimasta in piedi è stata lo sfruttamento della prostituzione, per la quale ieri pomeriggio la Corte d’Assise ha stabilito una pena pesante: 5 anni e 6 mesi a testa per Ese Eghosa detta “Mama Twin” perché mamma di due gemelli, 32 anni di Mestre (ai domiciliari), e per Jenny Sandra Aigbeuyimedo, 34 anni di Busto Arsizio (con obbligo di dimora).

 

Ma le accuse più pesanti sono cadute: assoluzione perché il fatto non costituisce reato per la tratta di esseri umani, assoluzione perché il fatto non sussiste per la riduzione in schiavitù. Soddisfatti i difensori, gli avvocati Marco Tiffi per “Mama Twin” e Matteo Lazzaro per Jenny, che annunciano di voler impugnare la sentenza in Appello. Stessa volontà quella della pm Lucia D’Alessandro che nella scorsa udienza aveva chiesto 12 anni per “Mama Twin” e 9 anni e 6 mesi per Jenny. Alla vittima, costituitasi parte civile con l’avvocato Orietta Baldovin, la Corte d’Assise ha riconosciuto una provvisionale di 15mila euro, rimandando la liquidazione del risarcimento al tribunale civile.



In aula ieri c’era “Mama Twin” che ha atteso pregando la fine della camera di consiglio dei giudici. Con lei il compagno Matteo Mazzarese, per il quale il procedimento per sfruttamento della prostituzione è stato stralciato dal filone principale ed a breve arriverà in udienza preliminare.

Secondo l’accusa, “Mama Twin” e Jenny erano riuscite a portare dalla Nigeria in Italia una 23enne con la promessa di un lavoro. Dopo un viaggio infernale iniziato con la promessa davanti a un sacerdote di restituire i soldi per raggiungere l’Italia, la ragazza era arrivata a Mestre, scoprendo il lavoro che avrebbe dovuto fare: prostituirsi in via Fratelli Bandiera. Si era rifiutata e per questo, sempre secondo quanto sostenuto dalla pm, era stata segregata tre giorni in un appartamento in via dello Squero, imbavagliata, con le mani e i piedi legati, picchiata: «O ti prostituisci, o la tua vita sarà miserabile»,. La 23enne aveva quindi acconsentito a prostituirsi. I soldi che guadagnava servivano per pagarsi vitto, alloggio e posto in strada. Era stata la vittima che aveva trovato la forza di ribellarsi e denunciare. Era andata anche in aula a testimoniare, ricordando quei giorni. Le difese avevano puntato sulle contraddizioni della 23enne nella sua deposizione rispetto a quanto aveva denunciato. Jenny, poi, non sarebbe stata in Nigeria a febbraio 2016, quando per l’accusa era avvenuto il reclutamento. Tra 90 giorni le motivazioni della Corte d’Assise. —


 

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