“ZERO TITULI” MA A FAR MALE SON LE PAROLE
di STEFANO TAMBURINI
Evenne il giorno degli “zero tituli”, col medagliere fermo e le parole che non avremmo mai voluto sentire, quelle di Filippo Magnini, fresco di sconfitta e brutta figura, pronto a quel che sembra un regolamento di conti con l’allenatore Claudio Rossetto apparentemente amato fino al giorno prima. Quasi un presagio, un mettere le mani avanti ancor prima di sapere che sul far della sera anche l’amata Federica Pellegrini sarebbe rimasta fuori dal podio.
Non sono le sconfitte a far male, in questa prima giornata amara. Sapevamo che prima o poi sarebbe capitato e non è uno scandalo se con il quinto posto di Federica può considerarsi chiuso anche un ciclo magico come quello del nuoto azzurro, inaugurato dai due ori di Domenico Fioravanti a Sydney nel 2000. A far male sono le parole del nuotatore di Pesaro che, proprio come ha avuto modo di dire l’ex azzurra del volley Maurizia Cacciatori, «non si vorrebbero mai sentire da un atleta appena sconfitto, che prima di tutto dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza».
Insomma, è giusto dover dire grazie a chi ci ha regalato trionfi in serie ma chi sta a casa merita ben di più di questi show da “Isola dei famosi”.
E sarà anche vero che quando si vince diventa tutto più facile, ma – guardando altrove – come non esser fieri di un argento che non finirà mai nel medagliere azzurro ma vale più di un oro. È quello del carpentiere danese Anders Golding, secondo ieri nel tiro a volo. Anders si allena a Taranto, nel poligono all’interno delle acciaierie Ilva. Conosce il sacrificio di allenamenti durissimi e sa anche – lo vede ogni volta che varca la soglia di quel poligono – cosa vuol dire trovarsi in una situazione di precarietà come quella degli operai della fabbrica. E il primo pensiero è per loro: «Sono anche io un lavoratore, al mattino faccio il carpentiere e al pomeriggio mi alleno, prendo le ferie per venire in Italia dal mio ct. Comprendo la sofferenza di quei lavoratori».
Anders spende ogni anno diecimila euro per potersi allenare e viaggiare fino a Taranto, dove abita il ct Pietro Genga. E se avesse perso avrebbe ringraziato lo stesso, perché uno così ha ciò che Muhammad Alì chiama visione, desiderio, sogno e che forma i campioni prima che comincino a esserlo. Partendo dalla regola numero uno: per essere vincenti bisogna prima saper perdere.
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