«Troppe violenze sui campi, ora basta»
MESTRE. Terzi in Italia, ma non c’è nulla di cui andare fieri. Chiusa di fatto la stagione 2014/15 (il termine ufficiale è il 30 giugno) emerge un dato inquietante per il calcio del Veneto: nella particolare classifica stilata a livello nazionale che tiene conto delle sanzioni irrogate per episodi di violenza nei confronti degli arbitri, il nostro comitato regionale occupa il terzo gradino alle spalle di Sicilia e Campania. Certo, servono dei distinguo, ma considerando che nemmeno dieci giorni fa uno Juniores del Marghera è stato squalificato per tre anni per un pugno a un un arbitro.
«Dal punto di vista disciplinare la stagione che si è appena conclusa», afferma Giuseppe Ruzza, presidente del comitato regionale veneto, «non è stata per nulla positiva, gli episodi negativi che hanno avuto come vittime gli arbitri sono stati troppi». Il terzo posto, insomma, non è un dato buttato là, seppure serve fare qualche distinguo. «La graduatoria è di tipo quantitativo», spiega infatti Ruzza, «quindi i comitati più piccoli, quelli che gestiscono meno gare, di solito occupano gli ultimi posti. Ma questo non può bastare come scusante, noi siamo il secondo comitato a livello nazionale, ma la Lombardia, che pure è nettamente il primo, sta indietro in graduatoria rispetto a noi. No, così non si può andare avanti».
Il punto è questo: considerato che gli episodi sono in crescita e che tra l'altro coinvolgono sempre di più le categorie giovanili, come intervenire senza tirare in ballo la solita necessità di un “salto” culturale? «Il punto è proprio questo, un quesito che ci siamo fatti e mi sto facendo», continua Ruzza, «da una parte ti chiedi se hai fatto tutto il possibile, dall’altra come mai certi episodi continuino a verificarsi. Mi piacerebbe aprire un dibattito serio sulla questione sanzioni. D'accordo, nel calcio chi sbaglia, a qualunque livello, deve pagare e non ci deve essere spazio per la violenza. Ma perché non pensare, specie per i più giovani, a un maggior ricorso a sanzioni sostitutive. Non credo che in certi casi una semplice squalifica sia l’unico strumento utile, si potrebbe magari costringere i colpevoli ad arbitrare le gare delle giovanili». Una sorta di servizi sociali, insomma, da affiancare alle tradizionali giornate di squalifica. Ma resta anche il problema dell'atteggiamento di fondo di tante società, poco propense ad ammettere le colpe dei propri tesserati.
«Questo è vero, a mio giudizio riguarda una minoranza dei nostri club ma è comunque grave», chiosa Ruzza, «chi giustifica i propri giocatori tirando in ballo la prestazione dell’arbitro deve cambiare rotta, sennò ha proprio sbagliato mestiere. Commettono errori i giocatori, figurarsi se non può succedere agli arbitri».
Ruzza infine fa un'osservazione sulla questione razzismo. «Cerchiamo di evitare generalizzazioni», sottolinea, «perché se è vero che ci sono stati alcuni casi di arbitri presi di mira per il colore della propria pelle, è anche vero che tra gli squalificati per aggressioni ad arbitri ci sono stati extracomunitari. Vale un solo principio: la violenza è sempre inaccettabile».
Maurizio Toso
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