Sicurezza e un progetto per la Nigeria

Zeigbo e il suo socio mestrino hanno creato una agenzia impegnata in vari fronti

MESTRE. «Ho smesso di giocare, ma il calcio è sempre nella mia vita. Abbonato Sky, mi piace il Barcellona, ora voglio trasmettere quello che posso ai giovani, per questo alleno una squadra delle giovanili dell'Ac Mestre». Kenneth Zeigbo vive per il calcio. Ma non solo. La moglie, Precious, studia ginecologia e sta per laurearsi in Texas, là ci sono anche i tre figli, Edna (14 anni), Angel (12) e Samuel (8). Per tutti il futuro può essere in Italia. Kenny a Mestre ha trovato un vero e proprio fratello, Sandro Forcolin, paracadutista e ora socio. Assieme hanno creato a Mestre una agenzia investigativa (Pi Greco) e si occupano anche di sicurezza all'interno di grandi centri commerciali. Ai primi di gennaio proprio Kenneth ha sventato una rapina in un noto centro commerciale mestrino. Lui e Sandro guardano avanti, hanno un progetto da sviluppare anche in Nigeria, “l'operazione-Hub”, un esempio di new economy, un prodotto (energy drink) che può portare lavoro e stabilimenti nella terra di Kenneth. Dove lui è nato e cresciuto, figlio di un poliziotto che pur tifando Enogu Rangers non vedeva di buon occhio la passione del figlio per il pallone. E che morì proprio nello stesso giorno in cui Kenneth firmava il suo primo contratto da calciatore professionista. Oggi l'ex bomber nigeriano non sfrutta solo il fisico che dà sicurezza, ma anche la testa, le idee, si occupa di marketing in sintonia con il socio, con il quale l'intesa funziona anche extra-lavoro e l'agenzia sta allargandosi anche in altre città italiane. «Non rinnego nulla del passato – ripete Kenneth – e voglio fare molto per la Nigeria, però non penso di tornare ad abitare là. Ormai mi sono abituato ad un'altra vita, penso di avere un'altra mentalità, consiglio a tutti di uscire dal proprio ambito, conoscere il mondo, vedere e imparare cose nuove, con coraggio ed umiltà». I bambini sono ancora piccoli e non sognano il dorato mondo del calcio. «Ma se un giorno mio figlio mi dicesse che vuol fare il calciatore gli direi okay, fai la tua strada, ma senza dimenticare che bisogna studiare, capire imparare». Di sicuro gli augurerei di avere nel calcio un po' di quella fortuna che io non ho avuto, di non avere quegli infortuni che mi hanno svegliato dal sogno. Anche se oggi sono molto felice di quello che ho». (c.cr.)

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