San Donà e Nazionale Crosato: «Io mediano lo sapevo dall’asilo»
SAN DONÀ. La classe 98 al potere. O almeno, ci sta provando sul serio. L’Italia rugbystica che scopre in queste settimane di Sei Nazioni di avere un gruppo Under 20 competitivo, deve fare i conti con quell’anno, il 1998, in cui l’Italia di Coste veniva ammessa alla corte del Cinque Nazioni (destinato a divenire Sei Nazioni dal 2000) pensando bene di festeggiare battendo la Scozia in casa e sfiorando il bis con il Galles a Cardiff due settimane dopo.
In quel 1998 venivano alla luce alcuni ragazzini baciati dalla dea ovale, tutti confluiti nella Nazionale che ora sta facendo sperare il movimento di intravvedere una luce alla fine del tunnel: tra questi, un mediano di mischia che sembra disegnato a matita sui vecchi manuali francesi, piccolino, furbo, veloce, inventivo e divertente, decisamente in controtendenza rispetto alle versioni ipertrofiche proposte dal rugby moderno.
«Sono alto 171 cm e peso 77 kg… anzi, scrivi almeno 78 che faccio un po’ meno brutta figura». Ci scherza su con il suo tono di voce solare ma deciso, Luca Crosato: il numero 9 di quella maglia azzurra è il suo, lo è da un bel pezzo, e da questa stagione lo è anche sulle divise biancocelesti della Lafert San Donà, la squadra che Luca ha scelto perché lei, da tempo, aveva scelto lui.
«Da anni il San Donà mi segue, si sono sempre interessati a me e questo era il momento giusto per fare un passo che per me ha significato tantissimo». Il diciannovenne mediano di mischia nato e cresciuto tra Villorba e Accademia di Mogliano si sta confermando uno dei protagonisti assoluti della stagione sandonatese: in campo, fin dal match di esordio, il suo è sembrato l’atteggiamento di un veterano, efficace e lucido nell’interpretazione del gioco di movimento e di scelte coraggiose voluto dal suo allenatore Zane Ansell.
«Nessuna pressione addosso, tutti i compagni pronti a darmi una mano, un clima sereno malgrado la consapevolezza di avere obiettivi ben precisi», spiega, «aggiungendo il fatto di avere un giocatore ed un ragazzo fantastico come Jimmy Ambrosini in fianco, non credo ci sia altro da spiegare se non che per me il gusto della sfida è più forte della paura di sbagliare».
Oltre alla conferma in Nazionale, questa è stata anche la stagione della prima chiamata in Pro14 con la Benetton. «Altra emozione indescrivibile», racconta, «Il gap tra campionato e Pro14 lo percepisci tutto e subito: tecnica, velocità e fisicità sono di un altro pianeta, ma sono convinto che se l’Eccellenza italiana garantisse un trattamento economico sufficiente ai giocatori, si ridurrebbe molto, con benefici per l’intero movimento». Restano comunque quei momenti di adrenalina pura, mentre nella testa parte il film: «Avevo cinque anni, unico sportivo in casa, mio papà calciatore: alla tv davano il Sei Nazioni, mi incanto a vedere una mischia e a mia mamma dico che volevo fare quello, indicando lo schermo con il dito. Non ho più cambiato idea».
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