Quei sogni inseguiti nel vento himalayano Marco Berti, uno sherpa venuto dalla laguna

Il vento continua a sussurrare, l’uomo lo insegue, ma non può catturarlo, anche se da anni Marco Berti vive circondato dal vento. Ad alta quota, in mezzo a quelle montagne che ha imparato ad amare da piccolo, quando ha iniziato a scalare le Dolomiti, prime tappe di viaggi in giro per il mondo tanto da raccogliere ricordi, personaggi e amicizie nel libro “Il vento non può essere catturato dagli uomini. Da Venezia all’Himalaya, una storia sherpa”.
Come nasce la passione per la montagna a un veneziano? «Io penso che non ci sia niente di più naturale nel trovare un veneziano tra le montagne. Da Venezia, nelle giornate più limpide, puoi vedere la Marmolada, la Civetta, l’Agner, le Pale di San Martino, il Sorapis e molte altre. Da libraio in bacino Orseolo alle vette himalaiane circondato dagli sherpa. Lo sherpa per me un amico, la mia seconda famiglia. Gli sherpa sono un popolo, una cultura e non dei semplici, ma fortissimi uomo-mulo come molti credono. Sher-pa significa “uomini provenienti dall’est”, perché le loro origini sono nel Tibet orientale. L’universo sherpa è sempre stato il mio mondo: penso di averlo cercato anche quando non ne conoscevo l’esistenza. Ho ricevuto tantissimo, anche un nome, Marco Lhakpa Sherpa, affibbiatomi dai fratelli della famiglia sherpa che mi ha accolto».
Che valutazione ha del mondo alpinistico attuale? «Ne parlavo pochi giorni fa con Tamara Lunger, giovane alpinista altoatesina. È un mondo alpinistico in continua evoluzione. Le regole cambiano, chi pratica l’alpinismo oggi ha bisogno di maggiore inventiva, gli spazi vergini sono sempre più ridotti e per praticarlo ad alto livello, piaccia o no, i protagonisti devono sottostare a regole di marketing che nel passato erano meno pressanti».
Da giovane in mezzo ai libri, adesso un ritorno al passato, ma come scrittore. «Ho sempre amato scrivere, ho coltivato questa passione con molta umiltà. Non mi definirei, comunque, uno scrittore, sono una persona che ha scritto un libro che, a quanto sembra, è stato gradito da molti lettori. Ho avuto la fortuna di aver trovato un importante editore come Priuli&Verlucca che ha apprezzato il mio modo di scrivere e il mio raccontare».
Perché il vento non può essere catturato dagli uomini? «Il vento non può essere catturato dagli uomini», il titolo del libro, una frase che mi accompagna da tantissimi anni. Il vento lo senti e lo annusi, corre tra le dita quando apri la mano e ti fa chiudere gli occhi quando lo affronti. Ti fa chinare quando è cattivo e insistente, altre volte ti accarezza da farti star bene».
Phurba, è l’amico del cuore? «E’ il protagonista del libro. E’ stato il mio primo amico sherpa, ma nella storia rappresenta e racconta tutti gli amici sherpa con i quali ho condiviso molti momenti importanti di quel lungo e fondamentale periodo della mia vita».
Cos’è il concetto del rispetto nel viaggiare? «Racconto territori e stili di vita, amicizie ed esperienze. Non ho mai viaggiato con il paraocchi, ma ho conosciuto tanti alpinisti che si limitavano a correre verso la montagna. Nel viaggiare c’è “il diritto di andare”, ma ci deve anche essere la cultura del rispetto. Non dobbiamo dimenticare che in qualunque luogo dove siamo ospiti, dobbiamo onorare chi ci apre le porte».
C’è un secondo libro in arrivo? «Ci sto provando, è quasi finito: il momento più difficile è stabilire quando è veramente ultimato. Hai sempre qualcosa da aggiungere o cambiare, togliere, rivedere o spostare».
Progetti nel cassetto? «Condividere una cima himalayana con Caroline Schmitt, la mia compagna e presto moglie. Dovremmo partire entro l’anno, da soli, per affrontare una cima di settemila metri che è stata scalata solo una volta, e quasi 40 anni fa, da una numerosa spedizione giapponese. È nostra intenzione salire in stile alpino, senza portatori o guide d’alta quota, corde fisse o altro, tanto meno usando bombole per l’ossigeno. È una montagna lontana da tutto e da tutti, all’estremo Nord della catena himalayana in Nepal, e anche l’avvicinamento alla base della montagna non sarà banale». —
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