Mirano punta tutto sui giovani

Rugby serie B. Cibin: «Lavoro, orgoglio e tanto volontariato». Rinviata la sfida con il Paese
Di Gianluca Galzerano

MIRANO. Una rimpatriata tra vecchi compagni di squadra, capelli bianchi quando ce ne sono ancora, camicie e maglie tirate dalle pance, stessa voglia di sentirsi gruppo di quando si scendeva tutti in campo con gli stessi colori addosso. C’era aria di festa, sabato sera, nella club house del Mirano Rugby, con il presidente bianconero a raccontarla in prima persona mentre il match della prima squadra in casa del Paese viene ufficialmente rinviato per impraticabilità del campo: «Una serata organizzata per l’amico Giorgio Limena, che invece non ha potuto partecipare per un incidente. L’occasione era però ormai troppo ghiotta, ci siamo trovati comunque brindando alla sua salute, riservandogli il posto d’onore per la prossima».

Al suo terzo anno da presidente, Stefano Cibin parte dallo spunto di quell’incontro per fotografare il "suo" Mirano, al giro di boa di una stagione che dopo i tanti cambi in prima squadra sarà di transizione: «L’anno scorso si è chiuso un ciclo, con tanti senatori ad appendere le scarpe al chiodo, prima linea al completo per esempio, ed uno staff da ridisegnare», inquadra l’ex seconda linea. «La partita con il Paese - che vedo favorito per la promozione assieme al Petrarca - era per noi interessante, visto che dopo un inizio di ambientamento, la squadra ora sta cominciando a prendere forma e consapevolezza. Come dico sempre ai giocatori, il Club è pronto per il salto in Serie A, ma la formula per conquistarla sul campo è nelle loro mani, anche se la scelta di recuperare un’identità completamente miranese non consente scorciatoie».

Già, perché la rosa è già ora al 90% composta da atleti nati e cresciuti nel club, con enormi energie investite da anni nel settore giovanile. «Che rimane la nostra priorità, con un gruppo di allenatori che lavorano proprio per la costruzione di questo senso di appartenenza, perché l’orgoglio di giocare per questa maglia deve essere la stessa dagli Under 6 fino agli Old. Solo così, secondo noi, le società possono restare in piedi in questi momenti così difficili per tutti, perché l’alternativa è quella di un rugby commerciale che qui non avrebbe proprio senso».

Dal minirugby agli ex-ragazzi dell’Armata Brancaleone, passando per Under 14, 16 e prima squadra femminile, sono più di 400 i tesserati del Club, un numero davvero importante: «Che aumenta il senso di responsabilità di noi dirigenti», prosegue Cibin. «Il grosso lavoro con le scuole, ad esempio, va proprio nel senso di trasmettere i nostri valori a studenti e famiglie del territorio, assieme all’immagine di un club dove il rugby è ancora rugby, quello giocato e insegnato sul campo, e non quello politicizzato tanto di moda da troppe parti ultimamente».

Una precisa scelta, quella di restare fedeli alla propria natura: «Viviamo con i piccoli sponsor della città, con tanto volontariato e la volontà di restare coinvolti di tanti ex giocatori».

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