Mezz’ora di paura poi 1-1 e va bene così
PORTOGRUARO. Una trentina di minuti da incubo, un rigore che rimette in piedi la sfida e poi tante speranze che evaporano in un secondo tempo brutto e senz’anima. Prima o poi la scivolata sul fattore X doveva capitare, e stavolta tocca al Venezia. Primo pareggio, dopo tre vittorie e due sconfitte: può starci, può starci anche la partita scialba, giocata con poche unghie per graffiare. L’importante è che non si ripeta. Va anche aggiunto che l’Alto Adige è meglio della sua classifica, e allora il pari, visto come si era messa, non è neanche da buttare via. Anche se ci sarebbe stato tutto il tempo per rovesciarlo in un punteggio pro Venezia. Si chiude sull’1-1 e dalle arie che tirano non pare che questa sia l’ultima volta in affitto al “Mecchia”. Gradite eventuali smentite provenienti da Ca’ Farsetti. Ma parliamo di calcio, che è meglio.
Delusione. Meglio sì, ma non troppo, perchè la partita non passa alla storia del calcio-spettacolo. Una partenza sprint dell’Alto Adige, tre occasioni un gol e un Vigorito che diventa protagonista. Otto giorni fa a Pavia era rimasto inoperoso, senza ombrello sotto la pioggia, stavolta ferma con le mani i palloni avversari e con la faccia gli scarpini biancorossi, finisce con il sangue dal naso ma convince tutti i tifosi, il Venezia ha un ottimo portiere. Resta invece l’impressione di un Venezia poco cattivo, molliccio, un Venezia che in certe situazioni - sia sotto di un gol, sia sul pari - ha dato l’impressione di accontentarsi, senza alzare il ritmo per chiudere gli avversari nella loro area.
Incubo. Il tempo di decifrare i moduli, ed ecco un assist delizia di Turchetta per Vassallo, botta sicura e Vigorito mette in angolo, di piede. Scritto e twittato, e bis con Turchetta, rasoterra maligno e Vigorito c’è ancora. Si arriva all’8’, stavolta l’assist è di Vassallo, botta di controbalzo di Ekuban e siamo 0-1. Difesa con il mal di testa, soprattutto a destra.
Rigore. Prima del pari ci sono altre due occasioni per i biancorossi, mentre dall’altra parte pochi segni di vita. Ripartenze lente, troppo gioco orizzontale, nessuno verticalizza e la corsa è in salita. Si accende la fiammella al 37’, corner di Calamai, ti aspetti Maracchi sul primo palo, la palla scavalca e Bassoli tira giù Cori neanche fosse nella Celtic League di rugby. Rigore netto, Sasha Cori sceglie il millimetro vicino al palo e il portiere non ci arriva mai, pur buttandosi dalla parte giusta. 1-1 e si va alla carica, perchè nel giro di tre minuti è sempre Cori, prima con un drop dai 30 metri che il portiere para in retromarcia e poi con una capocciata salvata ancora da Micai, a far capire che il leone si è svegliato. Ma dopo l’intervallo si addormenta di nuovo.
Non funziona. Perchè nel secondo tempo il Venezia non fa un tiro in porta? Bella domanda, difficile la risposta. Cori lavora spalle alla porta, D’Appolonia non riesce a saltare l’uomo, Drame si intestardisce nei capricci che portano all’ennesimo cartellino, Calamai offre luce intermittente ma nel complesso occupa una zona non sua. Non è il Venezia delle ultime volte, per capirsi, e stavolta neanche i cambi danno la scossa. Dopo 20 minuti del secondo tempo l’Alto Adige riprende in mano la partita ma sta anche bene attento a non regalare spazi agli arancioneroverdi, per cui si capisce che il binario è quello dell’1-1 finale. Tutti contenti, forse.
Rimpianto. Eppure a guardare gli altri risultati si sente l’odore di una occasione persa. Il Venezia poteva essere a ridosso delle prime, pari alla celebrata Cremonese (a proposito, si gioca qui al Mecchia, mercoledì 23 ottobre, la sfida di Coppa con i grigiorossi, ore 17) e invece resta indietro, anche se manca tanto di quel tempo che utto può ancora succedere. Solo che il calendario ora impone due trasferte di fila, non facili, Carrara e Busto. Domenica sul campo della Carrarese servirà un Venezia duro come il marmo. E rassegnatevi, la presidentessa Seredova allo stadio non ci sarà.
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