McIntosh e Stransky «Boys of Basso Piave»

Rugby. I due mitici campioni sudafricani accolti a San Donà dai vecchi compagni «La maglia Springbok della finale l’ho persa, la vostra la conservo gelosamente»
Di Gianluca Galzerano

Il senso di appartenenza è quella cosa che ti lega ad un ambiente, ad una terra, alla sua gente, con un filo sottile, invisibile, immune al passare del tempo e alla distanza geografica. Qualcosa che ha a che fare con la sfera dello spirito, tanto più forte condividendo con i compagni di squadra rischi e fascino oscuro di quella vera e propria battaglia fisica travestita da sport chiamata rugby.

Legami che portano uno come Wayne Smith, tecnico campione del Mondo con gli All Blacks, a passare due settimane a Mogliano per trasmettere un po' del suo sapere ad adulti e ragazzini con una spontaneità disarmante, perché una promessa fatta ad un vecchio compagno di avventure rugbystiche molte stagioni prima a Casale sul Sile vale più di un contratto firmato. Legami che hanno fatto di San Donà, per due serate consecutive, l'ombelico di un mondo che se ne frega di quanto poco, in tutto il resto del mondo, certi valori non contino più nulla o quasi.

Ian McIntosh e Joel Stransky, sudafricani che hanno scritto la storia del rugby per il loro Paese, il primo tecnico degli Springboks fino alla vigilia della Coppa del Mondo vinta nel 1995, il secondo in campo nella leggendaria Finale proprio di quella Coppa, con il numero 10 sulla schiena e quel drop letale sparato ai supplementari che nessun neozelandese potrà mai ricordare senza un automatico aggrovigliamento di stomaco.

Giovedì sera Ian, venerdì sera Joel: entrambi in Italia per il test tra Italia e Sudafrica di Padova, nessuno dei due ha saputo resistere al richiamo del Piave. «Un'emozione incredibile, da presidente devo dire che ho capito più in queste due serate che privilegio e che impegno sia rappresentare una storia come quella del Rugby San Donà, di quanto non avessi mai colto in tanti anni di onorato servizio», dice Alberto Marusso, «McIntosh è arrivato senza preavviso, voleva tanto rivedere i luoghi del suo breve ma intenso periodo italiano (stagione 1992-1993), un'esperienza che non ha mai mancato di ricordare anche pubblicamente come una delle più piacevoli della sua pur importantissima carriera internazionale». Una visita approfondita alle strutture, e tante informazioni chieste sullo stato attuale della società: «Ha voluto vedere tutto, rimanendo impressionato dallo sviluppo dei nostri impianti e dal progetto complessivo del Club».

Nemmeno il tempo di riprendersi, ed ecco il giorno del "Boy of the lower Piave", Joel Stransky, oggi commentatore te. Una citazione tratta da una lettera scritta da Hemingway nel 1948, quando lo scrittore si era scoperto innamorato del Basso Piave dichiarandolo ad un amico e al mondo intero. Una citazione capace di commuovere il giocatore che, paradossalmente, proprio annullando le emozioni fu in grado di giustiziare gli All Blacks nella Finale che permise a Nelson Mandela di riaccreditare la Nazione agli occhi del mondo. Giusto due parole all'inizio in un italiano azzoppato dal tempo, poi il via ad una serata indimenticabile: tutto l'universo San Donà in una stanza, quello che in quegli anni costruiva un pezzo della sua leggenda e quello di oggi, un cordone ombelicale che vede i vari Dal Sie, Pivetta, Trame, Sgorlon, D'Anna - solo per citare alcuni atleti di quella squadra irripetibile - tuttora impegnati in biancoceleste per dare una mano agli Erasmus, ai Dotta, ai Pilla, generazioni di atleti nuovi forgiati nello stesso spirito del "fiume sacro alla Patria". «La cosa più bella di questo fantastico sport è che quando si è amici nel rugby si è amici per la vita», ha detto Stransky dopo il commovente video confezionato cucendo assieme imprese Springboks e sandonatesi. «Dopo vent’anni è meraviglioso ritrovare intatto tutto il calore e l’amicizia di chi mi è stato vicino in quel momento della mia vita che mi è rimasto nel cuore. Sembrerà incredibile ma pensate che non ho più la maglia della finale mondiale, mentre quella del San Donà è al sicuro tra le mie cose più care». E così tra canti, birra, risate e aneddoti trasformati in romanzo la notte scivolava verso il giorno di Italia-Sudafrica senza che nessuno se ne accorgesse.

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