«Lo sport è fondamentale come la scuola Non c’è solo internet per i ragazzi di oggi»

l’intervista
Rimettersi in gioco, senza voltarsi indietro, trovando nella Koinè Mestrina l’ambiente ideale per iniziare una nuova carriera, senza pensare alla categoria. Enrico Mammarella ha vissuto una carriera lunghissima in Serie A, venticinque anni trascorsi in apnea con quasi mille partite alle spalle, dopo l’esordio a 15 anni nella sua Pescara, girando il mondo con i club e con la Nazionale. Con la Mestrina ha chiuso il suo percorso da giocatore, varcata la soglia dei 40 anni, portando la sua esperienza, la sua professionalità e la sua leadership al servizio dei giovani biancocelesti, e non ha esitato un paio d’anni dopo, nel 2018, a rispondere alla chiamata dei dirigenti della Mestrina che gli hanno proposto di iniziare una nuova carriera, quella di allenatore. Risposta positiva immediata, una nuova sfida per il 46enne abruzzese, amico fraterno di Manuel Estiarte e, di conseguenza, una conoscenza personale anche con Pep Guardiola, di cui l’ex pallanotista spagnolo è diventato uno stretto collaboratore fin da 2008 al Barcellona.
La Mestrina ha segnato la fine di un capitolo e l’apertura di un altro...
«Proprio così. A Mestre, ho chiuso la mia carriera di giocatore, mi sono trovato molto bene, allacciando nuove amicizie, scoprendo un bel ambiente dove porto anche mio figlio Marco, che ha 6 anni. Anche quando ho smesso di giocare, mi sono sempre tenuto in contatto con i dirigenti della Mestrina, in particolare con Edoardo Rivola, una persona incredibile con cui ho allacciato un rapporto strettissimo e con cui posso parlare di tutto e non solo di pallanuoto. Quando mi ha chiamato, chiedendomi se potevo dare una mano al club come allenatore, non ci ho pensato due volte».
Da Pescara al Friuli, la pallanuoto come passione, il turismo come lavoro?
«Mi ha sempre incuriosito l’ambito turistico, adesso abito a Udine, ma per tanti mesi all’anno mi trasferisco con la famiglia a Lignano Sabbiadoro dove gestisco alcuni appartamenti. Il nostro è uno dei settori più penalizzati come effetto del coronavirus, ma stiamo ripartendo anche perché la stagione sta entrando nel vivo».
Come è cambiata la pallanuoto negli ultimi 30 anni?
«Le modifiche sul piano regolamentare hanno consentito di velocizzare il gioco, consentendo alla tecnica di incidere molto di più. Il nostro è uno sport dove serve tanta piscina. Lo sport in generale è fondamentale per i giovani quanto la scuola, serve anche a tenerli occupati per qualche ora, ma anche per crescere come persone in un mondo dove predomina internet».
Qual è il rapporto di Mammarella con i social?
«Quasi nullo, uso internet soprattutto per lavoro, per tenermi aggiornato per la mia attività, mentre la pallanuoto deve essere un piacere».
Tanti anni in Serie A e in Nazionale, tanti allenatori e tanti compagni, ma un’amicizia su tutte?
«Con Estiarte, siamo come fratelli più che amici. Siamo stati compagni di squadra e compagni di camera, quando possiamo ci vediamo, anche se Manuel è diventato da anni uno stretto collaboratore di Guardiola, suo amico fin da quando erano piccoli, e lo sta seguendo da anni nelle varie esperienze in giro per l’Europa».
Non poteva mancare, quindi, l’incontro quando il Manchester City, a inizio novembre, è venuto in Italia per affrontare l’Atalanta in Champions League...
«Un’occasione irripetibile, siamo andati a Milano ad assistere alla partita. Ho portato con me anche Edoardo Rivola e Stefano Rossi, il tecnico del Nuoto Venezia. Il calcio mi è sempre piaciuto, ma da anni seguo con maggior attenzione i campionati esteri, in particolare e per ovvi motivi la Premier, ma prima la Bundesliga quando Guardiola è passato dal Barcellona al Bayern».
Venezia, città d’acqua, senza un piscina da 50 metri. Quasi un paradosso?
«Sì, però è il destino di quasi tutte le cosiddette discipline minori dover fare i conti con problemi logistici, tanti dettati anche alle strutture, e le piscine hanno costi di gestione importanti. Quest’anno, giocando in Serie C, siamo ritornati a giocare nella vasca di via Circonvallazione, lo scorso anno, in Serie B, siamo stati costretti a giocare a Padova. Questo ha inciso relativamente sulla squadra, ma per la società ha comportato spostamenti continui, viene soprattutto a mancare il rapporto con il pubblico».
Guardarsi indietro mai?
«No, io guardo sempre avanti. Il percorso di crescita deve essere sempre costante, mi sono gustato di più la seconda parte della mia carriera da giocatore proprio perché con gli anni sono maturato. Se mi guardo indietro, sono soddisfatto a 360° della mia carriera, ma trofei e medaglie hanno un valore relativo rispetto alle persone che incontri, ai rapporti che instauri, alle amicizie che rimangono salde anche a distanza di anni e per le quali la lontananza è solo una questione fisica».
Giusto sospendere la stagione?
«Sì, e sono anche fiducioso sulla ripartenza, anche se questa crisi sanitaria finirà per incidere pesantemente anche sulla pallanuoto, qualche società avrà difficoltà a iscriversi al campionato. Sono fiducioso di come ripartirà la Mestrina, una società che negli ultimi anni ha sempre fatto il passo secondo le proprie possibilità, cercando di valorizzare al massimo il settore giovanile, creando un clima familiare all’interno della piscina, dove l’aspetto agonistico è importante, ma non primario. Stavamo lavorando bene in questa stagione, che purtroppo si è interrotta all’inizio del campionato, ma dopo mesi di allenamenti che avevano consentito al gruppo di crescere».—
Michele Contessa
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia