«Le frasi dei “miei” ragazzi dopo la promozione mi hanno convinto: la favola non poteva finire»

l’intervista
Zanetti e il Venezia, quattro anni ancora insieme, dopo aver centrato la storica promozione in Serie A. Zanetti e il Venezia, la storia continua. Nel segno delle emozioni. Il primo pensiero a distanza di due settimane dalla promozione?
«Quando ho salutato i giocatori, dopo la festa, ognuno di loro mi ha abbracciato e mi ha detto una frase. Nel viaggio di ritorno verso casa, in auto, ho ripensato a tutte quelle frasi e mi sono detto che non poteva finire lì la mia avventura con il Venezia. Quel viaggio non lo dimenticherò mai, i ragazzi mi hanno trasmesso il messaggio che avevano ancora bisogno di me e io avevo bisogno di loro. Questa unione di intenti ci può portare a realizzare un’altra impresa».
Nessun dubbio nel rimanere al Venezia?
«No, la volontà di rimanere c’è sempre stata. Chi mi conosce, però, sa che tendo a non fare promesse che potrebbero non essere mantenute. Per questo sono sempre stato possibilista. C’erano tanti argomenti da affrontare, sia a livello personale che di programmazione, un matrimonio si fa in due».
E quando vi siete guardati negli occhi?
«Siamo andati via veloci, come era accaduto un anno fa quando ci siamo conosciuti».
Quanto ha inciso la “venezianità” nella scelta?
«Non nascondo che qui mi sento a casa, e non è poco. In tante cose ci capiamo al volo, anche nelle difficoltà. Io, Collauto e Poggi siamo persone molto dirette. Ci siamo anche scontrati spesso, come avviene in ogni rapporto, ma siamo gente che per dna lavora giorno e notte per la crescita del club. Per un allenatore è fondamentale riuscire a esprimersi, e non sempre accade nel calcio, l’ho già provato sulla mia pelle».
È stata una scelta?
«No, assolutamente. Ero sotto contratto, avevo ricevuto delle avances, ma la scelta viene fatta quando sei a casa. Qui era solo una questione di capire se eravamo ancora tutti sulla stessa linea, ma solo per il bene del Venezia. È giusto che, quando si lavora per un obiettivo, essere tutti connessi nella stessa direzione. Ci aspetto un campionato difficilissimo, inutile negarlo, ma avremo la possibilità di misurarci contro chi, sulla carta, è forte di noi. C’è chi ci aveva messo all’ultimo posto nella griglia di partenza, questo ci ha dato una bella spinta per tutto l’anno».
Quattro anni di contratto, che segnale ha ricevuto?
«Di grande fiducia, ho capito quanto il Venezia crede in me, anche se non avevo avuto mai dubbi. Ho anche pensato che è una società che non si ferma al presente, ha come principio di pensare al futuro. Il primo obiettivo di Niederauer e di tutti i suoi collaboratori è dare grande continuità, anche a livello tecnico. E in Italia è raro, spesso la programmazione non va di pari passo con l’aspetto tecnico. Per me rappresenta un’opportunità lavorativa incredibile, credo di essere un allenatore invidiato in questo momento».
Scelte dolorose da fare per la nuova rosa?
«Tutti non potranno rimanere, ma le scelte le ho fatte anche durante tutto l'anno. I miei giocatori trarranno tutti vantaggio da questa promozione, anche chi non rimarrà, perché sono diventati vincenti».
Che Venezia sarà in A?
«So benissimo quello che ci aspetta, c'è un abisso tra Serie B e Serie A, sarebbe ridicolo se dicessi che andremo a imporre il nostro gioco su tutti i campi, ma faremo di tutto per conservare la nostra identità perché ci ha portato in Serie A e lo sappiamo fare bene. Come dovremo avere un grandissimo spirito di sacrificio, mettere in preventivo che squadre può forti possano metterci alle corde. Credo che questa squadra, soprattutto nelle ultime 9 partite senza sconfitte, abbia dimostrato una grande capacità di sofferenza. Abbiamo sempre unito una filosofia di gioco quando il pallone era in nostro possesso a una grande umiltà quando era tra i piedi dei nostri avversari. Senza coraggio saremo solo di passaggio in Serie A, dovremo cercare di imporre anche le nostre armi».
Dove nasce l'appellativo Zorro?
«Me l'ha affibbiato Niederauer fin dal primo giorno». —
Michele Contessa
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