«Io, incantato dal Chino ed espulso da Collina»

Emozioni ed aneddoti un album di ricordi, tra promozioni e fallimenti «I silenzi di Nanami, la professionalità di Inzaghi e... quella lettera per Bellotto»
Di Michele Contessa

MESTRE. Roberto Pinton va in “pensione”, saluta il Venezia e lascia le chiavi dei campi del Taliercio ai suoi successori, Alessandro Fiorotto e Christian De Rossi. Un periodo indimenticabile, a cominciare dal 1996, per il magazziniere del Venezia, che sabato, prima della partita con il Teramo, sarà premiato per la sua fedeltà ai colori arancioneroverdi.

Vent'anni con il Venezia: una seconda famiglia?

«Si può dire di sì, sono volati via. Mi sono avvicinato al calcio accompagnando mio figlio Matteo agli allenamenti del Mestre, ho conosciuto Giorgio Tolomio, all'epoca magazziniere, poi mi fu chiesto di prendere il suo posto».

Da Zamparini a Tacopina. Il rapporto con i presidenti?

«Zamparini aveva una linea comune con tutti, trattava tutti allo stesso modo, nel bene e nel male, da amministratori delegati, direttori sportivi o allenatori a me, che ero l'ultimo della catena. A Moena, in ritiro, mi prendeva da parte e mi diceva: “Pinton, trovami il miglior ristorante, che devo portare fuori gli amici”. Un grande personaggio, con un gran fiuto nella scelta degli allenatori: Novellino, Spalletti, Prandelli nel mio periodo. Ricordo con nostalgia Enrico Rigoni, Korablin si è visto poco, difficile anche parlarci per la lingua, Tacopina ha riportato grande entusiasmo e creato una società di categoria superiore».

Direttori sportivi, da Beppe Marotta a Giorgio Perinetti.

« Il primo era quasi agli inizi della carriera, una persona eccezionale, non si poteva prevedere allora che arrivasse alla a Juve, ma sapevo che sarebbe arrivato molto in alto. Perinetti è straordinario, custodisco la maglia, autografata da tecnici e giocatori, che ha fatto realizzare lo scorso aprile per festeggiare il mio compleanno. Per un anno ha continuato a ripetermi “"Pinton sei la nostra colonna” e io gli rispondevo “Ne servono tre-quattro”. Un altro grande, Andrea Seno, tanti anni insieme, quasi un figlio aggiuntivo».

Quale il compito più "ingrato" in questi anni?

«La lettera di licenziamento a Gianfranco Bellotto che Marotta mi affidò da consegnare in mano al tecnico. Eravamo a Mogliano».

Tanti stranieri, campioni e meteore.

«Il sudamericano più grande è stato Recoba, ancora ai tempi di Zamparini. Il “Chino”portava grande allegria al Taliercio, oltre ad avere numeri straordinari. Nanami è stato lo straniero più... silenzioso, ma forse perché non capiva la lingua, mai visto però tanta gente al seguito di un calciatore».

Pinton, quanti caffè ha fatto al Taliercio?

«Impossibile tenere il conto. Soprattutto nelle due stagioni con Novellino. Durante il giorno di riposo tanti giocatori andavano in discoteca a Jesolo, alla ripresa venivano dentro nella mia stanza a ordinare caffè a raffica, senza sosta. Volevano essere ben svegli quando arrivava Walter».

Chi gli teneva testa?

«Beppe Iachini. Incredibile. Novellino parlava con i giocatori, arrivava Iachini e cominciava a prendere i compagni uno per uno, a dare le disposizioni di quello che avrebbero dovuto fare. Ho un bellissimo ricordo anche di Ciccio Pedone, grande centrocampista e grande uomo».

La venezianità autentica?

«Facile rispondere: Mattia Collauto e Paolo Poggi. Credo che Mattia abbia avuto il senso dell'identità della squadra e la maglia scolpita sulla pelle fin da quando era un bimbo e veniva a giocare contro il Mestre. Si teneva stretta la borsa come nessun altro. Paolo è quasi nato al Penzo, entrambi hanno lottato e sofferto negli anni dei fallimenti. Esperienze che ti segnano perché ti accorgi che in poco tempo hai perso tutto quello che hai costruito e non sai se si ripartirà. Per fortuna al Venezia è sempre accaduto».

Una persona alla quale si sente maggiormente legato?

«Al dottor Michelangelo Beggio, una persona seria e sempre disponibile».

E con l’arbitro Collina?

«L'unico arbitro che mi abbia espulso. Cominciai a discutere con alcuni dirigenti del Napoli, in serie B al Penzo, mi mandò negli spogliatoi».

Come è cresciuto il Taliercio in questi anni?

«Adesso è un centro sportivo vero e proprio, alla sera non so quanti ragazzi sono sparpagliati tra i vari campi. Ci sono stati anche i periodi bui: erba secca, acqua gelata, impianto di irrigazione che saltava e l'acqua arrivava dentro al corridoio. Ricordo con piacere l'estate in cui Poggi, Collauto e altri hanno ridipinto l'edificio».

Pinton cuore milanista?

«Sì, è vero, e mai avrei pensato di veder arrivare Pippo Inzaghi nello stanzone del Taliercio. Un professionista esemplare, un perfezionista».

Buon vento, Pinton. E come un soffio sono trascorsi questi vent'anni al Venezia.

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