«Insegno ai giovani atleti a vincere le loro emozioni»

Gabriella Dorio, oro sui 1500 a Los Angeles ’84, oggi fa la tutor degli Azzurri U23 «Anche io avevo paura quando gareggiavo, ma l’importante è saperla gestire»
EDEL INCONTRO SPORT AL BO' Bardelle-Dorio-DiDonna - EDEL INCONTRO SPORT AL BO_
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JESOLO. Mano destra sul cuore e le note di Mameli recitate a memoria come l’11 agosto di trentaquattro anni fa, quando vinse l’oro alle Olimpiadi di Los Angeles nei 1500 metri, sulla stessa pista in cui il figlio del vento Carl Lewis nei giorni precedenti vinse quattro ori. Per l’ex mezzofondista Gabriella Dorio, nata a Veggiano, nel Padovano, il 27 giugno 1957, e vicentina d’adozione essendo cresciuta a Cavazzale, il tempo sembra non essersi mai fermato da quel pomeriggio estivo del 1984 al Memorial Coliseum. Stessa passione di sempre per l’atletica leggera, le mani che ancora sudano e il cuore che va a mille dai gradoni dello stadio “Picchi” nell’assistere alle gare dei suoi azzurrini e azzurrine Under 23 ai Giochi del Mediterraneo che si sono svolti nei giorni scorsi sul litorale jesolano. «Il mio compito all’interno della Federazione e della nazionale Under 23 è lavorare psicologicamente sugli atleti», spiega Gabriella Dorio, «Sono una sorta di tutor che deve aiutare i ragazzi a vincere le emozioni prima delle gare. Mi riferisco soprattutto alle loro paure di non farcela, non essere all’altezza delle competizioni che si apprestano ad affrontare durante il loro periodo di crescita. Anch’io avevo paura quando gareggiavo, è una emozione normale che si deve avere. L’importante è saperla gestire e il mio compito è insegnare loro proprio questo».

La terza edizione dei Giochi del Mediterraneo ha portato a Jesolo 25 nazioni, un’Italia vincente e agguerrita con i suoi 80 convocati. «Sono stati due giorni bellissimi. L’Italia è stata la squadra più numerosa, mancavano quattro o cinque atleti che hanno risposto alle convocazioni della Nazionale maggiore. C’è stato qualche personale interessante, la Francia ha ancora una volta dimostrato di avere ottimi prospettive. Kermesse del genere sono molto utili per far crescere i giovani, anche in caso di sconfitte. I ragazzi imparano così che l’atletica è uno sport di squadra, e non solo di cronometro e metro individuali».

Riavvolgiamo il film di quell’11 agosto 1984 a Los Angeles. La “Riccioli d’oro” più famosa dell’atletica con il pettorale 226 sulla divisa azzurra vince i 1500 in 4’03”25. All’arrivo, Dorio alza le braccia al cielo ma sembra quasi spaesata e inconsapevole dell’impresa. «Mi prese il panico perché il primo pensiero che mi venne in mente fu se mio marito Carlo fosse riuscito ad entrare al Coliseum e vedermi vincere. Né la Federazione né il Coni avevano trovato il biglietto per mio marito e anche i bagarini li avevano finiti. Ad un certo punto lo vidi venire verso di me per abbracciarmi ed era rincorso dalla polizia. Che scene!», ricorda, «Mi emoziono forse di più oggi a rivedere il video della mia vittoria su Youtube. Vincere in atletica è molto difficile perché è uno sport universale. Questo sport non ti mente mai, sono i cronometri e i metri a dirti chi in realtà sei». In famiglia si parla solo di atletica leggera: il marito Carlo Spigarolo è presidente del Gruppo Atletico Bassano, i figli Davide e Anna Chiara hanno seguito la stessa strada della mamma. Anna Chiara però è diventata giornalista: «Non volevo che mia figlia facesse questo mestiere. Le prime volte ci tenevo ad essere intervistata, poi mi sono accorta che si inventavano le dichiarazioni senza contattarmi. Mi sono stancata e quando vedevo i giornalisti scappavo via».

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