In sedie a rotelle per quattro mesi poi bodybuilder di grande successo

Nicola Cavaliere, sandonatese d’adozione, si racconta  «Ho rischiato di rimanere paralizzato, ma sono guarito»



SAN DOnÀ. Per quattro mesi in sedie a rotelle dopo un incidente con la moto, si è rialzato e ora miete successi nel body building. È la storia di Nicola Cavaliere, 30 anni, nativo di Napoli, ma ormai sandonatese a tutti gli effetti visto che ci abita da 19. È la riprova che, grazie agli aiuti dei medici e alla forza della volontà, tutto è possibile. Cavaliere ritorna a parlare di quel bruttissimo 13 giugno 2013.

«Quel giorno maledetto stavo transitando a Mogliano con la moto, quando, vicino alla chiesa, un’auto mi ha tagliato la strada. Le conseguenze sono state principalmente la sublussazione delle vertebre cervicali C1 e C2, la frattura scomposta di tibia e perone e il nervo del pollice del piede sinistro accorciato. Ho rischiato di rimanere paralizzato dal collo in giù. Dopo aver trascorso quattro mesi in sedia a rotelle, ho iniziato la riabilitazione. Mi sono stati messi sei chiodi su tutta la tibia. Con il trascorrere del tempo mi appassionavo sempre di più alla palestra».

E poi cos’è successo?

«A distanza di circa un anno e mezzo dall’incidente, feci la prima gara di body building a Chioggia nella quale mi qualificai per il Mr Universe in Finlandia della famosa organizzazione Wabba International. Mi piazzai al secondo posto: fu per me una grande vittoria personale, non un traguardo, ma un punto di partenza».

Cosa accadde nel 2015?

«Cambiai federazione, visto che mi trasferii in Ifbb, misurandomi con atleti di primo livello e disputando varie gare nazionali e internazionali. Mi resi conto che di quella passione ne avrei voluto fare una professione. Così iniziai a formarmi come personal trainer».

Qual è stato il tuo anno migliore?

«Sicuramente il 2018: a novembre disputai una gara importante ad Amsterdam e lì trionfai nella mia categoria, la men’s physique. Poi non sono riuscito a vincere l’assoluto e il passaggio al professionismo l’ho mancato solo per un soffio».

Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?

«Mi ha comunque fatto crescere come sportivo e ho capito che, a prescindere dal risultato di una gara, la cosa fondamentale è migliorare se stessi. Ciò che amo di più del mio lavoro, infatti, è proprio questo: aiutare le persone a lavorare per ricercare il proprio meglio, non solo dal punto di vista fisico, ma anche soprattutto psicologico. Tutte le difficoltà che ho attraversato nel mio percorso mi hanno reso più forte anche caratterialmente: ecco perché non importa se nella scorsa stagione non ho ancora coronato il mio sogno. Statene certi, che ci riproverò il prossimo anno».

Ti alleni tutti i giorni?

«Sì alla palestra John Reed di Mestre, dove c’è un ambiente molto familiare e ho alcuni allievi e allieve a cui trasmetto le mie conoscente di personal trainer. Sto già lavorando per migliorare i punti in mi sento meno forte per presentarmi sul palco ancora meglio della volta precedente».

Cosa auguri a Manuel Bortuzzo?

«Ovviamente di tornare a camminare. Sicuramente la disperazione non deve mai prendere il sopravvento anche se non tutte le lesioni sono uguali. La mia lesione, ad esempio, non ha preso per fortuna le gambe, ma solo il rachide cervicale». —



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