Erika: «Un altro oro iridato, poi smetto»
SPINEA. Erika Zanetti è una di quelle atlete alle quali si dovrebbe stendere il tappeto rosso. A 29 anni, si guarda alle spalle e vede sacrificio, passione, dedizione, amore per il pattinaggio e soprattutto una cifra spropositata di successi e piazzamenti. Quando digiti il suo nome in internet, su Wikipedia la pagina che si apre è perfino in tedesco, e ci vogliono alcuni secondi per scorrere la lista completa di vittorie internazionali conquistate nel corso della sua carriera. I pattini li ha calzati per la prima volta a quattro anni, nell’ormai lontano 1993, ma la sua semplicità è rimasta sempre la stessa, medaglia dopo medaglia, un record dopo l’altro. Nata a Mirano, formatasi a Scaltenigo, e fino a questa stagione tesserata a Spinea, in questo fazzoletto di terra si è costruita ed è divenuta un vanto della nostra provincia, ma anche dell’Italia del pattinaggio. E quando le si chiede quali obiettivi ha ancora davanti a sé, replica sicura: «Un altro titolo mondiale! Quella è una medaglia davvero speciale. Se ci penso, non ricordo neppure quanti titoli ho vinto finora: una trentina a livello continentale, oltre cinquanta agli italiani, ma solo due volte quelli iridati. E questo mi dispiace moltissimo. Il prossimo anno ci voglio riprovare poi, forse, dirò basta. Mi concedo ancora dodici mesi di attività agonistica, quindi penserò a dedicarmi all’allenamento, a crescere i tanti giovani che abbiamo nei vivai e a portarli a livelli assoluti. Dal pattinaggio ho ricevuto moltissimo, ed è giusto che pensi anche a dare qualcosa una volta chiusa la mia carriera sulle rotelle».
Di rientro dai Mondiali di Rosario, in Argentina, dove ha ottenuto “solo” un argento e un bronzo, è stata festeggiata dalla Pattinatori Spinea assieme a dirigenti e tutto il vivaio, decine di piccoli pattinatori che la venerano come una dea, un esempio da imitare. «Devo riprendere contatto con la realtà di casa» aggiunge Erika, «la trasferta in Argentina è stata dura, speravo di vincere l’oro ma non avevo fatto i conti con tanti piccoli dettagli che alla fine ti penalizzano in certe circostanze, e mi è rimasto l’amaro in bocca. Battere le colombiane in quel continente non è una passeggiata…».
Dei corsi per istruttrice Erika Zanetti ne ha già fatti, ma vuole andare avanti. «Ne discuterò con il mio club, ma anche con i vertici federali per la nazionale. Da atleta voglio sempre vincere, e ora è il momento di trasmettere questa mentalità ai più giovani, e vedere che mi prendono come riferimento mi fa sentire bene. Ho fatto qualcosa di buono dentro e fuori dalle piste. Tanto è vero che a casa mi tengo solo le medaglie: appese quelle iridate, in un vaso trasparente tutte le altre. Le coppe le regalo invece ai bambini del settore giovanile. Poi, chi intraprende questo sport deve sapere che ha la possibilità di viaggiare tanto. È questo l’aspetto che mi mancherà di più il giorno che mi ritirerò. Sono partita dalle gare provinciali e mi sono ritrovata a girare più volte tutto il mondo».
La vittoria più bella è quella dei Mondiali di San Benedetto del Tronto nel 2012, ma Erika Zanetti non nasconde un sorriso quando ripensa all’oro nei World Games disputati in Colombia l’anno successivo. Per fortuna, almeno non si porterà dietro tante cicatrici, uno degli effetti collaterali di queste gare. «Mi è andata bene finora, perché a volte si fanno delle brutte cadute con mani, mento, gambe e braccia con tagli e abrasioni che restano come tatuaggi. Se ripenso a settembre, alla maratona di Berlino, cadendo mi si è frantumato il casco. Mi è andata bene».
Il sogno irrealizzato rimane però la medaglia olimpica, per il semplice fatto che il pattinaggio non è ammesso. «Questa è una cosa incomprensibile, ha privato tanti grandi atleti di una grande soddisfazione. E ha privato l’Italia di probabili medaglie. Ci sono sport come il calcio e il golf, che neppure ci dovrebbero essere alle Olimpiadi, e noi no, come del resto anche il karate. Un peccato. Avevo anche pensato di passare al ghiaccio, ma mi annoia. Ormai stiamo diventando il serbatoio per la specialità invernale».
Ora penserà a Taipei, ai Mondiali del prossimo anno, a caccia di un altro titolo e poi si dedicherà a far crescere i pattinatori del futuro. Magari dalle nostre parti c’è un’altra Erika del futuro...
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