Eric, dal San Pio X allo Juventus Stadium

Calcio. Il giovane Herrera, nato a Panama e cresciuto a Mirano, racconta il suo debutto con la maglia dell’Avellino

MIRANO. Da Mirano alla Serie B con un occhio al massimo campionato. Nel cuore e nella testa la professionalità di Javier Zanetti, nelle gambe e nella memoria le gesta di Ronaldo (il Fenomeno, ci tiene a sottolineare), il giovane Eric Herrera sta completando un percorso calcistico che ha avuto come culmine la gara di Coppa Italia di qualche settimana allo Juventus Stadium di Torino tra Juventus ed Avellino. I primi calci ad un pallone al San Pio X, la squadra del Patronato di Mirano che gli è rimasta nel cuore. Girava la voce, qualche tempo fa, che al patronato ci fosse un ragazzino con qualcosa in più degli altri. Poi l’esperienza a Treviso per la categorie giovanissimi ed allievi, una breve parentesi nella primavera del Parma e l’Hellas Verona. Il primo anno da protagonista lo vive a Pordenone, in Serie D, prima dell’ultimo trasferimento, in Irpinia.

Il momento o l’episodio che ti hanno fatto capire...

«L’essere arrivato fino a qua è una grande emozione e una grossa soddisfazione, fin da piccolo giocavo perché mi divertivo e non mi vedevo più forte degli altri. Forse è stato proprio questo un mio punto di forza, perché mi ha aiutato a migliorare sempre senza mai accontentarmi fino a raggiungere questa categoria.

Mirano, Treviso, Verona e Pordenone, il NordEst ti ha formato e poi ti ha visto scappare al Sud dopo la chiamata dell’Avellino. Com’è stato l’impatto in una piazza così importante ma così lontana da casa?

«Si è vero, è al Nord che sono cresciuto con il pallone tra i piedi, ricordo piacevolmente l’anno a Verona dove ho vinto il campionato Berretti mentre la stagione a Pordenone è servita a farmi “le ossa”. Quando è arrivato l’Avellino non nascondo di averci riflettuto a lungo, non era facile staccarmi dalla famiglia, è stata una scelta difficile ma che si è rivelata azzeccata perché fin da subito i compagni mi hanno accolto in maniera splendida».

L’allenatore Bucaro e poi Rastelli ti hanno fatti giocare gradualmente....

«Nell’anno di Bucaro non sono stato fortunato, avevo trovato un periodo in cui giocavo con continuità ma purtroppo un infortunio muscolare mi ha obbligatoriamente fermato. Con l’arrivo di Rastelli sono cresciuto tantissimo sia tatticamente che mentalmente, mi ha cambiato la posizione in campo, da esterno a seconda punta e anche se non ho avuto moltissimo spazio sono sempre rimasto sereno perché ho imparato molto.

Dalla promozione dalla Lega Pro, quest’anno cinque presenze in campionato e tre in Coppa Italia...

«Non ho molto spazio ma davanti a me ho tre giocatori come Castaldo, Galabinov e Soncin, tre attaccanti da cui poter imparare molto, ma se il mister chiama io devo farmi trovare pronto.

Esperienza in prestito per giocare con continuità e tornare a giugno con maggiore esperienza, c’è questa possibilità nel mercato di gennaio?

«A tutti serve giocare con continuità, ora come ora qui sono un po’ chiuso, vedremo cosa fare in questo mese.

Intanto l’Avellino è la grande novità della stagione.

«C’è qualche nuovo innesto ma il blocco è quello storico, è questo il segreto che ci sta permettendo di fare un campionato così importante? Il gruppo è veramente fantastico, siamo molto uniti. Avellino è una città che vive per il calcio, per noi giocatori scendere in campo con quel calore sugli spalti è uno stimolo in più, sono i tifosi la nostra versa forza. La classifica è buona, stiamo facendo bene, sognare non costa nulla e nessuno lo proibisce, ma per il momento piedi a terra e obiettivo 50 punti, poi si vedrà».

Nato a Panama, cresciuto a Mirano. E se la Nazionale chiamasse?

Scelgo Panama, sono e sarò sempre legato al mio Paese d'origine e sarei fiero e orgoglioso di indossare la maglia della Nazionale».

E adesso campionato fermo per un mese.

«Un po’ di vacanza, dieci giorni in cui però dobbiamo tenerci in forma per essere pronti a riprendere questo campionato, che é durissimo e che spero ci vedrá protagonisti fino alla fine».

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