«Doping, non ho eluso i controlli»

Atletica. Il velocista Riparelli respinge l’accusa della Procura: è il sistema che non funziona

VIGONOVO. «Non ho mai preso doping nella mia vita e mai lo farò, ho fatto centinaia di controlli senza fallirne uno. L’ultima settimana è stata tra le più difficili della mia vita. Sono stato accusato di “mancata reperibilità ai controlli”, in base all’articolo 2.4 del codice Wada. In virtù di questa grave “omissione” rischio una pena superiore ai due anni di squalifica, con l’automatica esclusione dalle squadre nazionali in base al codice etico dell’atletica italiana».

Jacques Riparelli, 32 anni camerunense, tesserato con il Cus Padova e residente a Galta di Vigonovo, respinge l’accusa della Procura Antidoping della Nado-Italia, in seguito agli sviluppi dell’indagine Olimpia scattata nell’estate 2014, che ha chiesto al velocista due anni di squalifica per eluso controllo, assieme ad altri 25 atleti. «Quello di cui vengo accusato», continua il velocista, «non è una vicenda di doping, ma un problema di ricezione legato alla reperibilità da parte del sistema “Wherabout”, con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta. Il regolamento Wada prevede che ogni atleta che gareggi a livello internazionale debba compilare un questionario trimestrale dove indicare la propria reperibilità per i controlli. Un conto è la mancata comunicazione, reato per il quale la squalifica scatta dopo tre inadempienze contestate singolarmente. Un altro conto è l’elusione del controllo (articolo 2.3) derivante da un mancato atteggiamento o un comportamento reiterato e irresponsabile, che porta a una voluta non comunicazione di reperibilità. In entrambe le circostanze i controlli nemmeno partono. Sia chiaro, parlare di casi di positività sarebbe sbagliato».

Riparelli è molto perplesso. «L’articolo 2.4», chiosa il velocista di Vigonovo, «non è stato contestato a nessuno. La contestazione riguarda l’articolo 2.3 che cita l’elusione, il rifiuto e l’omissione di sottoporsi previa notifica, al prelievo di campioni biologici senza un giustificato motivo in conformità della normativa antidoping. Chi mi conosce sa che in 12 anni di carriera mi sono sempre battuto contro il doping e contro chi ha sporcato il nostro sport, prendendo anche parte a campagne di sensibilizzazione tra i giovani. Qui il doping non c’entra, ma ci vogliono far passare per dopati. L’idea è che stiano accusando di rapina a mano armata una persona che, forse, ha evaso le tasse».

Il velocista mastica amaro: «La somma di negligenze, superficialità, incompetenza e inadeguatezza è senza fine. Ricordiamoci che l’atleta in primis rappresenta il punto di partenza e di arrivo per tutto il movimento, ma in mezzo ci sono i tecnici, società, federazioni, Coni. Il mio è un sentimento comune di grande frustrazione per essere stato coinvolto in un malfunzionamento delle strutture e dei sistemi preposti. Sono assolutamente convinto», conclude Riparelli, «che la vicenda sarà risolta positivamente e ribadisco la mia assoluta estraneità a quello di cui sono stato accusato e confido nel buonsenso della giustizia sportiva».

Giancarlo Noviello

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