Dall’immenso Ago ai trionfi di Rossi Tanta Italia sul podio

La storia del Motomondiale è cominciata nel 1949, quando la Federazione motociclistica internazionale ha deciso di istituire un campionato dedicato alle motociclette e composto inizialmente da sei Gran premi. Quattro le classi in gara, suddivise per ordine di cilindrata e cubatura dei motori: 125, 250, 350 e la maggiore, la 500. L’esordio è sullo storico tracciato dell’isola di Man: sui tornanti del Mountain, un anello che percorre tutta l’isola, si tenne lo storico Tourist Trophy, destinato a diventare, nel bene e nel male, una fra le corse più famose nel mondo del motociclismo.
Le piccole 50 e 80. Dal 1962 fino al 1983 era stata introdotta anche una quinta classe, la 50. È la piccola cilindrata in cui ha costruito i suoi più grandi successi Angel Nieto, che qui ha vinto ben sei titoli mondiali, da aggiungere ai sette della 125, conquistati negli stessi anni, a cavallo tra ’70 e ’80. Non era inusuale all’epoca infatti che un pilota corresse in due o più classi diverse. Cosa impensabile al giorno d’oggi, con tutte le pressioni fisiche e psicologiche cui sono sottoposti i piloti moderni. Nel biennio 1979-80 ha scritto il suo nome nell’albo d’oro della 50 anche il nostro Eugenio Lazzarini, bicampione in sella alla Kreidler. Dal 1984 la 50 fu sostituita, per sei stagioni, dalla 80.
Gli anni di Ago. Dopo le affermazioni di Umberto Masetti, che ha vinto il titolo 500 nel ’50 e nel ’52, e di Libero Liberati, campione della classe regina nel ’57, l’Italia ha trovato a fine anni ’60 un pilota capace di scrivere a caratteri cubitali il suo nome nella storia di questo sport. Si tratta di Giacomo Agostini che, con 15 titoli (8 in 500, 7 in 350), è il pilota più vittorioso di sempre nella storia del Motomondiale. Ago si è legato per diversi anni, prima di passare nel 1974 alla Yamaha, alla storica Mv Agusta.
Verso il mondiale che conosciamo. Negli anni ’80 il Motomondiale ha cominciato ad avvicinarsi alla conformazione di oggi. Innanzitutto dal punto di vista della sicurezza, messa in primo piano da alcuni drammatici incidenti: sono stati banditi i pericolosi circuiti cittadini, Tourist Trophy in primis, tra marciapiedi, muretti e balle di paglia. Dal punto di vista tecnico, nel 1982, si è tenuto l’ultimo campionato di 350: da lì in poi sono rimaste 125, 250 e 500.
Generazione di fenomeni. Negli anni ’90 l’Italia è tornata protagonista. In 125 Loris Capirossi è stato il pilota più giovane a vincere un titolo, anzi due consecutivi, nel ’91 e ’92, in sella alla Honda. Due anni dopo in 250 è cominciata l’era Max Biaggi: ha messo in fila quattro titoli consecutivi, tre con l’Aprilia uno con la Honda. Nel ’98 anche Capirossi si è fregiato dell’alloro nella quarto di litro: entrambi sono poi passati nella classe regina per togliersi nuove soddisfazioni. Nel ’97 è spuntato il nome di Valentino Rossi: il titolo della 125 è stato il primo passo di una carriera straordinaria.
I quattro tempi. Negli anni 2000 ha preso il via una rivoluzione tecnico-regolamentare che ci ha consegnato le tre classi odierne: dai motori due tempi si è passati ai quattro tempi. La 500 dal 2002 è diventata la MotoGp, la 250 Moto2 nel 2010, la 125 Moto3 nel 2012. Le moto sono prototipi sempre più sofisticati e condizionati dall’elettronica: il nostro Rossi ne è divenuto il miglior interprete, vincendo ben sei volte il titolo della nuova classe regina, con la Honda e con la Yamaha. A lui e ad Andrea Dovizioso, dopo la tragica scomparsa di Marco Simoncelli, il compito di tenere alta la bandiera tricolore di fronte all’egemonia crescente dei nuovi fenomeni spagnoli: da Jorge Lorenzoa Dani Pedrosa, fino all’emergente Marc Marquez.
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