Chiara, una carriera da “domatrice di giganti”
CHIOGGIA. Arbitrare una finale mondiale è già molto difficile, dirigerne addirittura due consecutivamente sembra decisamente un’impresa. C’è riuscita la chioggiotta Chiara Tomaz che a Vantaa, in Finlandia, ha diretto la finalissima del campionato del mondo di football americano femminile. Stati Uniti e Canada in campo, partita senza storia vinta 64-0 dalle americane. Chiara Tomaz a correre a bordo campo nel ruolo di “linejudge”, arbitro di linea, come tre anni fa a Stoccolma, stessa finale, stesse finaliste, stesso risultato.
«È stata per me – racconta Chiara – una nuova grandissima esperienza, perché se in Svezia ero rimasta sorpresa dalla convocazione, stavolta ci speravo ma non ci avrei mai messo la mano sul fuoco. Invece è arrivata la chiamata della IFAF (la federazione internazionale di football americano) che aveva visionato il mio video di presentazione con il mio curriculum arbitrale e così sono arrivata in Finlandia».
Naturalmente con un bagaglio di esperienza superiore rispetto a tre anni prima. «Assolutamente sì. Allora ero quasi agli esordi, con sei anni di arbitraggi alle spalle, è quasi invece un altro pianeta. Ho diretto anche il Superbowl italiano nel 2011 ma voglio ancora migliorare».
In Finlandia poco turismo e tanto lavoro. «Ho avuto – continua Chiara – solo mezza giornata per visitare Helsinki, ma per il resto alternavamo giornate di lezione agli arbitraggi. Alla fine ho diretto tre gare più, naturalmente, la finale: credo sia stato apprezzato il lavoro che avevo svolto nelle partite precedenti».
Ma se prima a casa Tomaz c’era chi aveva un po’ di timore nel vedere una ragazza che tenta di domare degli armadi ambulanti, adesso c’è l’appoggio di tutta la famiglia, compreso il “moroso”. «Che è arbitro di football americano anche lui – precisa Chiara – e spesso e voletieri arbitriamo assieme. È vero, prima lo vedevano come uno sport molto pericoloso anche per me che faccio l’arbitro. In effetti dirigendo spesso come arbitro di linea devo stare molto attenta, sviluppandosi tante volte il gioco proprio sulla linea di bordo campo, a non essere travolta dai giocatori. Se ti rovinano addosso sono dolori, ma ormai con un po’ d’occhio capisco prima dove si sviluppa l’azione e quindi riesco ad evitare gli incontri troppo ravvicinati».
Non deve essere nemmeno facile rispondere a muso duro alle proteste di questi giganti di due metri. «A dire il vero non mi sono mai capitate situazioni estreme. Certo a volte c’è qualche protesta, è normale, ma riesco sempre a rispondere con un sorriso che alleggerisce la tensione. Questa, mi dicono, è la mia dote migliore».
Nelle scuole italiane si gioca poco il football americano. «Dovrebbero provare a giocare a flag football, una versione molto più soft perchè non c’è contatto fisico, ma è divertentissimo». Ma ci sono stati anche aneddoti curiosi nella carriera di Chiara Tomaz. «Durante una riunione – racconta – un dirigente della IFAF mi ha riconosciuta come Pink Ref, il mio soprannome, quasi imbarazzante». E se dovesse arrivare una telefonata dalla NFL? «Sarei già lì prima ancora di riagganciare. È molto difficile anche perché nel campionato americano non ci sono, al momento, arbitri donna».
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