Calcio a 5 nella bufera economica
MESTRE. Fino a due anni fa era lo sport di moda, disciplina che vedeva la nostra provincia ai vertici in Italia. Ora i tempi sono magri per il calcio a 5, che vede come massima espressione di tutta la provincia la Fenice, società di serie C/1. Sembrano passati decenni dai fasti del Dese, poi trasformatosi in Venezia, club capace in pochi anni di scalare i campionati nazionali fino alla serie A, dando contemporaneamente giocatori alla Nazionale. Scomparso il club arancioneroverde dallo scorso luglio, ora manca una società di vertice che rappresenti tutto un movimento che in passato aveva espresso realtà di eccellenza assoluta come i Lions Chioggia o lo Jesolo. Idem nel resto del Veneto: il Marca Futsal (serie A) ha ceduto tutti i pezzi pregiati per continuare con i giovani. E ancora prima aveva mollato Verona. Il malessere è generale, insomma, ma dalle nostre parti assume contorni diversi. «Se consideriamo i numeri e i tesserati», spiega Giuliano Scattolin, delegato per l'attività a 5 per il comitato locale di Venezia, «la situazione non è problematica, anzi abbiamo avuto un leggero incremento rispetto al 2012. Ma limitarsi a questo sarebbe sbagliato».
Partiamo dai conti: «Quando si parla di risorse è bene essere chiari», sostiene Scattolin, «e dire ad esempio che una serie A prevede costi e ingaggi di un certo tipo. Il problema è un altro, è necessario ammettere che tanti club hanno speso senza considerazione i soldi a disposizione, restando magari a terra una volta che uno sponsor non ha più potuto dare lo stesso supporto. La pianificazione, il pensare al futuro sono fondamentali».
C'è poi un altro punto delicato, quello dei settori giovanili. «Altra questione problematica», afferma Scattolin, «con troppe realtà che hanno fatto errori incredibili. Non puoi pretendere di mettere in campo squadre formate completamente o quasi da giocatori sudamericani oppure oriundi senza pensare a costruire un vivaio nel quale pescare e con il quale costruire il futuro. I risultati di questa politica li vediamo con i nostri occhi, partite con sempre meno pubblico e in tribuna quasi solo addetti ai lavori, direttori sportivi e procuratori. Così non va, il nostro sport scompare».
Un'analisi per nulla autoassolutoria per l'intero movimento, che comunque mantiene una sua vitalità ai livelli di base, nei campionati di serie C/1, C/2 e D. Ci sono poi problemi legati alle strutture. Impossibile dimenticare che il Venezia, una volta promosso dalla serie A/2 alla A, fu costretto a traslocare a Dolo perché all'interno del territorio comunale veneziano non esistevano strutture adeguate alla massima serie. Oppure ricordare che a lungo lo Jesolo, in serie B, giocò in un campo all'aperto.
Maurizio Toso
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