Calcio Venezia, gli stranieri della rosa di Javorcic sono quasi il 70 per cento
VENEZIA. Work in progress. Tra poco anche i cartelli del nuovo Taliercio saranno in inglese prima che in italiano. Mica ci sarebbe qualcosa di male, se l’operazione sportiva funzionasse. Ma finora, l’internazionale arancioneroverde ha fatto cilecca. Per usare un eufemismo. Eppure il Venezia insiste, piazzando bandierine sul mappamondo a destra e a manca – purché fuori dalla penisola. L’ultima in arrivo? Mancano solo i dettagli per l’acquisto del finlandese Joronen dal Brescia, con Lezzerini e Galazzi pronti a fare il percorso inverso.
E già in questo mese di tribolati ribaltoni societari, le prime operazioni in entrata parlano chiaro: dei sette nuovi giocatori a disposizione di Javorcic, soltanto Francesco Zampano è un difensore con decennale esperienza nel nostro campionato – gli altri sono Andersen, Wisniewski, più i quattro giovani saliti dalla Primavera: Bah, Mikaelsson, Makadji e Baudouin. Spicca un dato, su tutti. Se l’operazione Joronen andasse in porto, la rosa provvisoria del Venezia conterebbe 19 stranieri su 27. Circa il 70% del totale. Uno sproposito senza precedenti.
L’EVOLUZIONE
Ribaltone completo in meno di due anni. Nell’estate 2020, la prima sessione di trattative sotto la presidenza Niederauer, gli arancioneroverdi cominciarono ad aprirsi con decisione alle opportunità estere. Operazioni mirate e funzionali: da Crnigoj a Johnsen, innesti decisivi per il capolavoro promozione fino ai primi passi in Serie A, con alterne fortune. Ma lo zoccolo duro voluto da Zanetti era principalmente nostrano, navigatissimo per la cadetteria. E la quota di stranieri in lista era pressoché il negativo della composizione odierna: 9 su 30, il 30%.
Un mix che funzionava alla grande. La vera svolta – l’inizio della fine del ciclo Zorro– è piombata dodici mesi fa. Vengono liquidati i vari Di Mariano e Bocalon. Più avanti pure Forte e Mazzocchi, “ma non per volere della società”, ci tiene a sottolineare il presidente. Fatto sta che gli equilibri saltano. A ottobre 2021, quando viene tesserato Romero, i non italiani del Venezia salgono a 18 su 31. Il 58%. Senza scomodare Nani, Nsame e i disastri in serie del mercato di gennaio. Il resto è storia arcinota. Ma non è finita qua, a vedere l’andazzo.
CONFRONTI
Prima di scatenare polemiche: nessuna prevenzione verso chi è arrivato e arriverà a indossare questa maglia. Da ovunque egli provenga. Qui esponiamo solo i fatti. E le loro possibili implicazioni. C’è un motivo se gli osservatori esterni e tutti i grandi ex del Venezia – da Zanetti a Novellino, da Zaccheroni a Maniero, passando per Schwoch – storcono il naso davanti a questa deriva internazionalista. Repetita iuvant: non è campanilismo, né orgoglio tricolore o mentalità chiusa.
Ma nel calcio, discorso senza bandiere, una comunicazione omogenea è fondamentale. Così come le soft skills, la cultura sportiva condivisa, i trucchetti che si imparano sugli stessi campi di provincia e arrivano a fare la differenza nei grandi stadi. Tutto questo ormai manca allo spogliatoio del Venezia. Che non può prescindere dal giocare in Italia, piaccia o no. In Serie B, la seconda squadra per stranieri in rosa è il Parma con il 60%. Segue il Genoa con il 55. In tutte le altre la quota è ben sotto il 50 – Monza e Cremonese sono salite in A col 28%.
E non si tiri fuori l’Inter del triplete o esempi simili: a quei livelli sì, che i fuoriclasse non hanno frontiere. Ma quanta strada nel mezzo. Una punta di commistione è ricchezza, l’eccesso è identità perduta. Se lo segni il club arancioneroverde, là dove “si confuse la lingua di tutta la terra”. Babele o Venezia, ormai chi lo capisce più.
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