Cristiano Borean: «L’Ai rivoluzionerà anche la finanza, ma servono regole»

Il top manager delle Generali sarà tra i protagonisti di Link a Trieste: «Il paradigma del capitalismo è la tecnologia. A Trieste bisogna creare una piattaforma che connetta imprese e scienza»
Piercarlo Fiumanó
Cristiano Borean
Cristiano Borean

Il percorso di Cristiano Borean, capo della finanza del gruppo Generali, con il suo Ph.D in fisica delle particelle elementari ottenuto con un esperimento svolto alla Stanford University, dimostra che il passaggio dalla fisica all’alta finanza, sempre su livelli di eccellenza, sia un fatto naturale in un mondo globalizzato e interconnesso.

Il top manager triestino ha anche fatto parte dell’equipe di Fabiola Giannotti, impegnata nella costruzione del nuovo acceleratore di particelle. Alle Generali, dove è entrato nel 2003, la sua crescita è stata molto rapida. Dopo un periodo nel branch di Londra, in Generali France a Parigi dove è stato Cfo e poi nella capogruppo, ricopre la funzione di Chief Financial Officer dal 2018. Borean è anche presidente del Mib School of management di Trieste.

Borean sarà protagonista di uno degli appuntamenti di Link Media Festival 2024 (qui il link per iscriversi agli eventi), la manifestazione su giornalismo e nuovi media, promossa da Nord Est Multimedia e dal nostro giornale, in programma sabato alle 18,30 nella link Arena di Piazza Unità.

Cristiano Borean in che modo l’intelligenza artificiale ci sta cambiando la vita?

«La rivoluzione dell’AI nella nostra vita quotidiana potrà avere in futuro un impatto potenziale almeno pari a quello determinato dalla diffusione combinata di Internet e del personal computer. Le applicazioni sono già innumerevoli: dalla capacità di risolvere problemi molto avanzati in campi come la fisica, fino alla perfetta imitazione (o creazione ex novo) di stili e interpreti nel campo delle arti, come la musica. Siamo di fronte a una rivoluzione tecnologica che ci impone anche di pensare alla regolamentazione e al controllo del suo utilizzo. Questo al fine di evitare conseguenze negative gravi».

L’era digitale sta rivoluzionando l’economia?

«La crisi finanziaria scatenata dal crollo di Lehman Brothers nel 2008 ha aperto una nuova fase nell’economia globale. Oggi tutte le società a grande capitalizzazione quotate nella Borsa americana sono tecnologiche. Ciò è avvenuto grazie all’incredibile sviluppo di quell’ecosistema che è la Silicon Valley, una realtà che ho avuto modo di vivere da vicino durante le ricerche a Stanford per il mio dottorato. L’era della conoscenza, nella quale viviamo, e dove il vero valore è l’informazione, ha cambiato il capitalismo e quindi sta rivoluzionando anche la finanza. Per fare un esempio: l’AI oggi è alla base degli investimenti anche quantitativi che utilizzano strumenti matematici, e questo tipo di investimenti domina gli scambi globali».

Ricorda il suo primo incontro con l’intelligenza artificiale?

«Fu vent’anni fa, proprio a Stanford, nello studio delle reti neurali alla scoperta delle particelle elementari. Già allora la scienza fisica e cognitiva stava facendo passi da gigante. L’AI, grazie a semplici algoritmi, oggi è in grado di superare persino test d’ammissione adottati da università come Harvard. Si capisce così anche la grande capitalizzazione di Borsa delle società tecnologiche. La statunitense Nvidia, per esempio, oggi è al comando nel cruciale settore dei chip e della potenza di calcolo per l’addestramento dei sistemi di deep learning».

I centri di ricerca triestini sono alla frontiera di questa rivoluzione tecnologica. Tutto questo insieme di alte competenze produce un vantaggio competitivo?

«Le numerose istituzioni scientifiche triestine rappresentano un formidabile ecosistema di energie e risorse. Basti pensare che Trieste è la città europea con il più alto numero di ricercatori per mille abitanti. Ma bisogna invertire il paradigma creando una piattaforma comune e interconnessa fra imprese e scienza. Per fare passi avanti è necessario che i due mondi si incontrino e si scambino in parte i ruoli. Un esempio? Fra i più grandi successi delle Generali ci fu la creazione da parte di un campione degli studi attuariali come Bruno de Finetti del primo Centro elettrocontabile basato sull’utilizzo delle macchine Hollerith (la futura Ibm) a schede perforate, che segnarono l’inizio della modernizzazione e della razionalizzazione del lavoro in tutto il mondo, rendendo possibili cambiamenti che poi furono superati solo dall’avvento del personal computer. Un’operazione che, all’epoca, produsse quegli utili che contribuirono anche alla creazione del grande patrimonio immobiliare della Compagnia».

Nel 2021 Generali ha promosso il Data Science & Artificial Intelligence Institute insieme a enti di ricerca e istituzioni scientifiche triestine. Quali sono isuoi obiettivi?

«Il Data Science Institute di Trieste nasce da Generali e la sua Academy, che a Trieste ha la sua sede, insieme alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa), l’Università degli Studi di Trieste, l’Università degli Studi di Udine, il The Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (Ictp) e il Mib Trieste School of in risposta all’esigenza di nuovi professionisti dei big data e dell’intelligenza artificiale formati in sinergia con il mondo industriale, per individuare assieme al mondo della scienza opportunità di business. È un esempio di partnership tra pubblico e privato che fa leva sulle eccellenze del territorio, con benefici reciproci. Siamo molto soddisfatti di far parte di questa realtà e stiamo lavorando a nuovi sviluppi».

Qual è l’impatto dell’intelligenza artificiale sui mercati finanziari?

«L’AI richiede una gestione della comunicazione molto sorvegliata e attenta perché ogni informazione può essere amplificata. Riporto un esempio: ci sono algoritmi che studiano i documenti delle aziende e che analizzano persino il comportamento e il tono di voce dei manager quanto presentano i risultati per prevederne le decisioni. È chiaro che il rischio dei deepfake, l’uso e la riproduzione fraudolenta di false immagini, è molto presente e bisogna difendersi. Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha lanciato l’allarme su questo pericolo».

Gli algoritmi dei big data alimentano un costante flusso di dati biometrici che possono monitorare il nostro stile di vita. Come vanno gestiti i rischi per la privacy?

«Alle Generali il rigore etico sulla gestione dei dati sensibili è fondamentale e sosteniamo le autorità europee impegnate su questo fronte. Ci sono applicazioni dell’intelligenza artificiale che pongono problemi etici importanti. Come nel caso delle auto senza pilota dove può essere rischioso affidarsi semplicemente alle elaborazioni di un algoritmo. L’European Digital Act è stato un primo passo molto importante per porre dei paletti rispetto all’uso indiscriminato dell’AI».

Più regole?

«Certamente. Le regole servono ma non devono frenare i progressi nella digitalizzazione, settore che vede l’Europa indietro rispetto a Usa e Cina. Basti pensare che Pechino, in questo momento, è leader nel settore delle auto elettriche e principale produttore di terre rare e di litio necessario alle batterie per le e-car».

Il distretto hi-tech della Silicon Valley orienta ancora il mercato delle tecnologie?

«La quantità di capitale umano e investimenti del distretto della Silicon Valley resta molto importante. Si stanno però sviluppando realtà tecnologiche alternative oltre a quelle asiatiche, come Toronto, in Canada, dove si sta affermando un ecosistema di industria e centri di ricerca universitari molto interessante e vivace».

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