Roglic, un Giro presidenziale
A Roma lo sloveno premiato dal Presidente della Repubblica Mattarella, ultima tappa in volata a Cavendish
ROMA. Suona l’inno della Slovenia dopo quello di Mameli intonato dalla Banda della Polizia, Primoz Roglic, che è riuscito a placare il simpaticissimo bimbetto, felice come non mai sul podio, si gode il panorama: i tifosi che lo acclamano, davanti l’Altare della Patria, a sinistra i Fori Imperiali e, più in là, il Colosseo, che aveva avuto modo di ammirare nel circuito finale dell’ultima tappa del Giro.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si era goduto lo spettacolo dell’ultimo sprint della corsa rosa accanto al Ministro degli Esteri, Antonio Tajani e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, è immobile.
Uno spettatore gli dice: «Presidente è unico, abbiamo bisogno di lei», lui poi sale sul paco a premiare il vincitore del Giro 106. Signori, forse ieri a Roma si è celebrata una svolta storica nella storia della corsa rosa. È vero, è nata a Milano la competizione ciclistica più importante del mondo. È vero a Milano c’è il quotidiano che l’ha inventato il Giro, ma questo non è lo scenario idoneo per finire una grande competizione e accorciare così le distanze con il Tour de France, che lancia in mondovisione la Tour, li Champes Elyses e l’Arc? Sì, magari senza buche sull’asfalto, come cinque anni fa con la tappa accorciata e le polemiche, e con migliaia di persone sugli spalti. E in uno scenario del genere l’ha fatta da padrone il Jumbo sloveno, re ventiquattro ore prima in Friuli. È ebbro di gioia, l’ex saltatore con gli sci prima di salire sul podio: «Abbiamo vissuto una corsa su montagne russe, ma poi sono tornato a respirare. E questo è un giorno spettacolare», ha detto.
E ancora: «Sono state un susseguirsi di emozioni incredibili queste ultime ore, prima la grande vittoria nella crono davanti alla mia gente, poi Roma. Non ci ero mai stato ed è stato magnifico godersi la tappa in questo magnifico scenario».
Lo sport così regala storie incredibili. Perchè il re del Giro sabato nella crono aveva vissuto un momento thrilling quando sulla salita del Lussari la catena era caduta ed era dovuto scendere dalla bici.
«Si è scoperto che il tifoso che mi ha spinto era un mio ex compagno di nazionale di salto, con me oro nel 2007 a Tarvisio. Era ,proprio lì: incredibile».
Con lo sloveno sul podio Geraint Thomas (Ineos), arrivato in zona premiazioni col figlioletto e una bottiglia di birra in mano, e il giovane portoghese Joao Almeida (Uae), re dei giovani. Il presidente Mattarella lascia la zona del le premiazioni sommerso di applausi.
È l’epilogo di un Giro partito alla grande con un vincitore pesante come Remco Evenepoel nella crono abruzzese, continuato ad alti e bassi, ed esploso nel finale. Il tappone dolomitico, il successo della cronoscalata del Lussari con il ribaltone e un grande nome per l’ultimo sprint a Roma.
Tutti aspettano il giovane Jonathan Milan (Bahrain), maglia ciclamino, lui è il favorito “per potenza” in volata sprint in uno scenario da favola. Ma le Dolomiti hanno lasciato il segno sui suo muscoli. Non ha gambe. Le ha Mark Cavendish (Astana). All’ultima recita al Giro si prende la 17ª vittoria nella corsa rosa. Da segnalare l’amico e compagno di nazionale su pista Thomas che gli ha spianato la strada. «Vincere qui all’ultima recita è una cosa speciale», dice Mark. Sì Roma è speciale per chiudere il Giro. Meditate.
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