Dentro la tappa con Alessandro De Marchi: «Il Giro più bello grazie a Enzo»

Il racconto del corridore che ha portato all’arrivo la bandiera del Friuli

Alessandro De Marchi
L'arrivo di De Marchi con la bandiera Friuli © Petrussi
L'arrivo di De Marchi con la bandiera Friuli © Petrussi

È stato forse il Giro d’Italia più bello quello che si conclude a Roma. Un Giro d’Italia che ho corso dando tutto sulla strada e che mi ha riportato ancora una volta a correre sulle strade di casa mia che è sempre un’emozione grande, indescrivibile. Ho voluto, come faccio ormai da tempo, correre con la bandiera del Friuli per estrarla poi all’arrivo. Per me è un must. È un modo per ringraziare la gente della terra da qui vengo. Gente speciale che anche durante la cronoscalata al Lussari mi ha letteralmente spinto a suon di tifo.

Nel primo chilometro e mezzo di salita, dove c’erano tanti friulani, l’attenzione incredibile, l’affetto che le persone mi hanno riversato addosso mi hanno fatto andare fuori giri, fuori ritmo, sono andato troppo forte e poi ho pagato, ma in mezzo a una cosa così non potevo fare altrimenti. Tornando al Giro, per me dicevo è stato uno dei più belli. Per un mix di ragioni. Anzitutto per come lo abbiamo corso come squadra, un team nel quale sono arrivato in modo un po’r ocambolesco, ma che mi ha accolto e fatto sentire apprezzato consentendomi di mostrare quello che potevo fare. Sono contento di com’è andata la corsa, perché ripeto, sulla strada ho lasciato tutto quello che avevo, non posso recriminare nulla. E poi questo Giro è stato speciale perché sono tornato a correre in Friuli e quando lo faccio, come dico spesso, ho già vinto.

Non si può spiegare l’emozione di correre il Giro passando a casa tua. C’è sempre qualcosa di magico. Dallo Zoncolan al passaggio per Buja degli anni scorso fino al magnifico Lussari. E parlare di Lussari per me significa parlare di Enzo Cainero, perché questa salita è stata il suo ultimo grande regalo al ciclismo e alla nostra terra. Avevo iniziato a sentirlo parlare di questo progetto anni fa, poi nuovamente a fine estate scorsa: io ancora senza contratto, lui invece prossimo a mettere a segno questa giornata. Mi ricordo che mi disse: «Non può essere che il Giro arrivi sul Lussari e tu non ci sia».

Questa era una delle imprese alle quali teneva di più per la location straordinaria, per il respiro internazionale dell’evento dato dalla vicinanza di Austria e Slovenia, per il santuario. In una giornata così perfetto com’è quella di oggi un pezzettino manca ed è lui, la sua presenza, ci si guarda in giro e sempre impossibile non vederlo avvicinarsi sorridente con la sua camicia rosa d’ordinanza. Enzo è stato un tassello molto importante della mia carriera. Grazie a lui ho vissuto forse i momenti più belli, al di là delle vittorie: quando sono passato in Friuli è stato sempre grazie a lui e ho vissuto delle giornate incredibili.

È una cosa che forse ho realizzato con calma, con il tempo e nel momento in cui anche il rapporto con Enzo stava raggiungendo un livello diverso per mille motivi, anche per via della mia maggiore età, è successo quello che è successo. Oggi il pezzettino che manca quassù è lui. Un pensiero lo voglio dedicare anche a Jonathan Milan che ha corso un grande Giro, ripetersi nei prossimi anni non sarà facile. Quello che mi auguro per lui e che cercherò di dirgli è che si porti a casa soprattutto l’esperienza di queste tre settimane, con i loro alti e i bassi, che lo arricchirà di più per il prosieguo della sua carriera, perché questo per lui è solo l’inizio.

Adesso è tempo di volare a Roma, dove calerà il sipario sul Giro e dove soprattutto riabbraccerò la mia famiglia, i miei bambini, che già nel pomeriggio hanno preso l’aereo per andare a prendere papà. Sarà ancora una volta una grande emozione. 

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