Chinatown Mestre: immaginando il futuro globale e turistico di via Piave

Il più importante snodo ferroviario del Nord-est, la stazione di Mestre, potrebbe diventare la porta d’accesso e di accoglienza, il biglietto da visita della nostra città, e via Piave un corridoio verso il centro storico: impossibile?

Nicole Pezzato

Saggezza, crescita personale, eleganza e coraggio: benvenuti nell’anno del Serpente! Il 29 gennaio, in tutto il mondo, si dà il via al Capodanno Cinese: quindici giorni di festeggiamenti fatti di eventi, spettacoli, cortei e decorazioni. Il legame tra i veneziani e i cinesi ha radici antiche: nel 2024, il comune di Venezia ha festeggiato i 700 anni dalla morte di Marco Polo, non solo in città ma anche nei luoghi originali di quel viaggio leggendario, come nella città di Quanzhou, provincia del Fujian, dove il 30 ottobre 2024 il console Generale Valerio De Parolis è intervenuto all’inaugurazione della statua dedicata al celebre mercante veneziano.

Così come la storia, anche le nostre università sottolineano l’importanza delle relazioni con il popolo cinese: Ca’ Foscari si definisce “un ponte verso la Cina”, che non smette mai di fortificarsi grazie agli scambi interdisciplinari e allo studio della lingua.
Non è incredibile che nel territorio veneziano manchi una statua dedicata a Marco Polo? Perché non collocarla proprio all’ingresso di via Piave, il quartiere più multietnico di Mestre?

La mancanza di interlocutori

La comunità cinese che ospitiamo è orfana di un interlocutore in grado di metterla nella condizione non solo di esprimersi, ma anche di emergere. Oggi sono tre le generazioni che operano saldamente sul territorio, manifestando un incessante potenziale economico fatto di duro lavoro e imprenditorialità. In via Piave, la nostra piccola Chinatown, vediamo sorgere continuamente nuovi ristoranti che si affiancano alle attività aperte dalle prime generazioni. A pochi metri dal ristorante Azzurra, storico avamposto della cucina orientale, ha aperto l’universo di Panda Fly e Chicken Fly, folcloristica catena di fast food. Per restare nelle comunità orientali, degna di nota anche la riapertura del locale Grand Central, stavolta con gestione bengalese e una cucina internazionale.

Via Piave potrebbe trasformarsi da un problema in una grande opportunità turistica: immaginate un quartiere aperto al mondo, ricco di offerta gastronomica, di eventi a tema, esposizioni e decorazioni orientali. Immaginate di promuoverlo con un marketing turistico pensato per le esigenze della città: da una situazione di degrado si potrebbe riemergere con un luogo al passo con i quartieri etnici più cool al mondo. Un’idea nuova e vincente per ridare dignità a una delle zone più belle del Comune di Venezia.
Per non andare troppo lontano, anche in Italia esistono tanti polmoni d’Oriente che abbiamo imparato a conoscere col nome “Chinatown”.

La rinascita di Prato

La più celebre, quella di Prato, sta provando una rinascita proprio in questo senso. L’amministrazione comunale della città toscana ha recentemente presentato il logo ufficiale del Capodanno Cinese e del quartiere che ospita la comunità orientale (Macrolotto Zero). Allo scoccare della mezzanotte di Pechino, il gong del tempio di Pu Hua (il tempio buddista più grande d’Europa) ha dato il via alle celebrazioni, tra cortei (celebre quello con il dragone) e tanti altri eventi speciali. Una vera e propria global experience fatta di tantissime iniziative culturali di richiamo e dal taglio internazionale per coinvolgere residenti e visitatori.

Prato, proprio come Mestre, deve distinguersi dal peso ingombrante del turismo della città vicina: Firenze per Prato, Venezia per Mestre. Una zona etnica a vocazione turistica potrebbe rappresentare una soluzione semplice e originale per raggiungere questo obiettivo.
Macrolotto zero (la Chinatown de facto) è il quartiere adiacente al centro storico di Prato, sede di numerose attività commerciali: con questa nuova iniziativa, che parte dall’immagine, prova a inventare la sua nuova storia, primo tassello di una importante visione di rigenerazione sociale e urbana.
Dimentichiamo per un attimo i negozi stracolmi di paccottiglia e immergiamoci nell’affascinante atmosfera della via della seta. Chiudiamo gli occhi e immaginiamo che tutto questo possa accadere a Mestre e, perché no, proprio in quello che una volta era tra i quartieri più rinomati del Veneziano: il quartiere di via Piave.
Chi è nato tra gli anni ’50 e ’60 lo ricorda bene: palazzi in stile Veneziano, ville, appartamenti signorili, locali e grandi botteghe sotto il porticato. Un ricordo che sembra particolarmente lontano se si osserva oggi il quartiere, tormentato da episodi di criminalità e degrado diffuso.
Il più importante snodo ferroviario del Nord-est, la stazione di Mestre, potrebbe diventare la porta d’accesso e di accoglienza, il biglietto da visita della nostra città, e via Piave un corridoio verso il centro storico. Immaginate adesso questo quartiere nel futuro, con un arco in stile Chinatown Londra ad accogliere chi arriva da lontano. L’idea per una vera riqualificazione urbana passa sicuramente dalla legalità e dalla sicurezza ma anche da un approccio diverso e originale che sappia sfruttare, con coraggio, le caratteristiche, multiculturali, del mondo contemporaneo.

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