Caldo e poca neve in montagna, la ricetta del governo contro il cambiamento climatico: «Depositi per conservarla a fine stagione»
Quali sono, secondo il governo, gli adattamenti prioritari per accompagnare il clima che cambia in montagna? Essenzialmente due, secondo il ministero dell’Ambiente che ha redatto il Pnacc, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.
La prima è lo snowfarming, cioè la conservazione e la “coltivazione” della neve.
La misura consiste “in una manutenzione accurata delle piste, in un eventuale ombreggiamento delle stesse, nella costruzione di barriere anti deposito, nella piantumazione di alberi per proteggere le piste e nell’innevamento naturale o artificiale, nonché nell’allestimento di depositi di neve». La seconda misura: “l’utilizzo dei soli impianti di innevamento artificiale esistenti e loro progressiva dismissione a favore di pratiche di mantenimento dell’innevamento più sostenibili”.
Le misure sono contenute nel nuovo Pnacc, varato a fine dicembre, che aggiorna la precedente versione del 2018. È stato adottato dal Mase, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, al termine di un iter durato un anno. Con il Piano viene istituita una specifica struttura di governance nazionale per provvedere all’implementazione di 336 misure di adattamento di breve e lungo termine al cambiamento del clima.
Marco Merola, un giornalista e divulgatore scientifico che da oltre vent’anni si occupa di scienza e tecnologia, ha più di un dubbio.
«Intanto si tratta di misure, quelle per la “coltivazione” della neve, che considerano soltanto la dimensione turistica del problema, come se non esistesse quella naturale», afferma Merola che, tra l’altro, insegna al Master di II livello in Climate change adaptation and mitigation solutions del Politecnico di Torino, è TEDx speaker e creatore del webdoc Adaptation.it sui temi dell’adattamento al cambiamento climatico
. «Gli esperti del ministero danno per scontato che nevica poco e che nevicherà sempre meno (negli ultimi due anni sulle Alpi le precipitazioni nevose sono state inferiori del 63%). Se nel passato la stagione sciistica arrivava a maggio, almeno sopra una certa quota, ora già a febbraio rischi di non avere più nulla».
Altra contraddizione: da una parte il Piano mette in conto che l’innevamento artificiale debba andare a finire, dall’altra pone la necessità di come garantire la continuità del turismo dello sci.
«Ecco la risposta», sottolinea Merola, «conservando la neve da utilizzare nella stagione successiva. Ma può essere una risposta al cambiamento del clima? Possono essere queste, per il legislatore, le migliori misure di adattamento per l’alta montagna e i sistemi nevosi?».
Il messaggio è ben chiaro, secondo Merola: non ci interessa nulla che siano cambiati i cicli stagionali; che le temperature siano molto più elevate; che lo zero termico addirittura sia stato mappato negli ultimi tempi anche a 5.300 metri ed oltre. «È evidentissimo che siamo nel pieno di una rivoluzione climatica che si è già in parte compiuta ma in parte deve ancora compiersi, perché sappiamo che il processo di fusione dei ghiacciai è in corso; che sta nevicando sempre meno; che ad alte quote invece di nevicare piove. E questo ovviamente impedisce il ripascimento delle masse glaciali, perché la pioggia ovviamente non fa bene. Di contro il legislatore, che ci ha messo cinque anni per varare questo piano di adattamento, conclude che le migliori possibili soluzioni di adattamento per l’ambiente montano sono quelle di proteggere la neve sotto la segatura o di riparare le piste con alberi».
Merola ha provato anche a fare un conteggio per ombreggiare 1200 chilometri di piste da sci del Consorzio Dolomiti Superski.
Con una pianta ogni due metri, ne servirebbero un milione e 200 mila sulle montagne di casa, 6 milioni e 700 mila lungo le piste d’Italia. Senza contare la pericolosità che gli alberi rappresenterebbero a bordo pista.
E come conservare la neve in mega depositi? Proteggendola con teli di nylon o con segatura? Per innevare una pista lunga un chilometro, larga circa 50 metri e con uno spessore di 40 centimetri, sono necessari almeno 23 mila metri cubi di neve; se è artificiale sono necessari 9200 metri cubi d’acqua. Con una spesa complessiva di 80 mila euro a km. Quanti metri cubi di segatura, e quindi di alberi, servirebbero per proteggere appena un chilometro di pista?
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