Yara, scarcerato il marocchino Mohammed Fikri

Il gip ha disposto la scarcerazione di Mohamed Fikri, il 23enne marocchino, che viveva tra Montebelluna e Vallà, fermato in relazione alla scomparsa di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa nel bergamasco
Yara Gambirasio, 13 anni
Yara Gambirasio, 13 anni
BERGAMO. Yara non si trova, le ricerche effettuate ieri non hanno dato alcun esito, e intanto anche le indagini ripartono da zero, o quasi. Mohammed Fikri, il 22enne marocchino fermato con le accuse di sequestro di persona e omicidio, è stato scarcerato su disposizione del gip di Bergamo.


I carabinieri sono ritornati ieri nel cantiere del centro commerciale di Mapello, paese confinante con Brembate di Sopra per svuotare un pozzo, ma le operazioni sono state interrotte in serata. E nelle ore precedenti le ruspe avevano scavato intorno alle fonderie Mazzucconi di Ambivere, un altro dei centri di quell’enorme agglomerato urbano che è la Val Brembana, fatta di case basse, ville e capannoni industriali senza soluzione di continuità. Un’enorme città con milioni di possibili nascondigli per il corpicino esile di Yara, la 13enne che sognava di diventare una grande ginnasta, e che invece con tutta probabilità è finita nelle grinfie degli orchi.


Ma la svolta nelle indagini si aspettava nella mattinata, quando nel carcere di Bergamo si è svolto l’interrogatorio di convalida di Mohammed Fikri, il marocchino muratore nel cantiere del centro commerciale di Mapello, fermato con l’accusa di omicidio. Una sua frase intercettata e mal tradotta («Allah mi perdoni non l’ho uccisa io») aveva causato il blitz della procura di Bergamo che per fermare il giovane aveva fatto abbordare una nave diretta a Tangeri già in acque internazionali. Le accuse però sono cadute come un castello di carte: il giovane aveva concordato le ferie con il titolare della ditta, la frase intercettata in verità sarebbe stata una imprecazione.


Ore di interrogatorio non lo hanno fatto vacillare, così che lo stesso pm titolare dell’inchiesta, Letizia Ruggeri, ha chiesto al gip di non convalidare il fermo in arresto perché erano venuti meno tutti i presupposti di colpevolezza. Una clamorosa marcia indietro proprio mentre la questura ha fatto sapere di seguire un’altra pista, che con gli immigrati non c’entra. Gli agenti - al contrario della procura - danno un certo credito al vicino di casa di Yara Gambirasio, cioè Enrico Tironi, che fin dall’inizio disse di aver visto due personaggi sospetti vicino a una macchina rossa. Due giovani, con tutta probabilità del posto. Frizioni tra forze dell’ordine? Non si sa, resta il fatto che Tironi per quanto riferito inizialmente si è beccato una denuncia per procurato allarme e falso. Si parla anche del solito furgone bianco di teppisti, pista debole. E poi c’è sempre il giallo della traccia trovata dai cani, che porta a un ingresso laterale dell’impianto sportivo. E le chiavi di quelle porte sono in possesso solo del custode, un giovane rosso e corpulento che non ha alcuna voglia di parlare: «Chi è lei? Mi lasci stare, vada via di qua», ha risposto ieri alle nostre sollecitazioni rintanandosi di gran fretta in uno sgabuzzino esterno. Nei giorni scorsi il palazzetto è stato perlustrato, anche con unità cinofile. La struttura è enorme, non si sa se sono stati ispezionati anche i seminterrati e i sotterranei.


Ricerche rese difficili anche dal maltempo. Nevica, il freddo punge e fa male. Non quanto la mancanza di Yara. Nel palazzetto ieri non erano molte le sue compagne, tutte rigorosamente accompagnate. A Brembate il clima è di paura, ora che anche la facile pista straniera sembra polverizzarsi. La famiglia, la mamma Maura, il padre Fulvio, è chiusa nel silenzio. Aspettano un miracolo i genitori, vogliono vedere la loro figlia con il suo volto innocente, una vita di sogni davanti, comparire ancora con quel grande sorriso davanti al cancello di casa.
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