Yara. Fikri: "Arresto ingiusto, adesso chiedo i danni"

L'operaio marocchino scarcerato valuta l'azione legale con i suoi avvocati. L'indagine riparte da zero: ascoltati i genitori di Yara, ora si indaga sugli ambienti più vicini alla tredicenne scomparsa
PADOVA. 
«Avvocato, adesso posso avere il risarcimento dei danni morali?». E’ stato lo stesso Mohammed Fikri, ieri, appena scarcerato a chiedere ad uno dei suoi legali, Roberta Barbieri, se poteva essere risarcito per la detenzione subita in questi giorni. E alla risposta affermativa del legale, Fikri ha aggiunto: «Bene, allora facciamolo». E’ cominciata così la nuova vita da uomo libero (sebbene resti indagato) di Mohammed Fikri, 23 anni compiuti il 27 ottobre scorso, che per tre giorni ha rischiato di diventare il «mostro» di Mapello, accusato di aver rapito, ucciso e occultato il cadavere di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso.


Mohammed Fikri, da uomo libero, potrebbe addirittura riprendere il traghetto (da cui è stato fatto scendere a forza sabato notte) e andare a trascorrere le vacanze in Marocco, visto che la procura non avrebbe ritenuto (scarcerandolo) di adottare alcuna misura restrittiva della libertà personale (nemmeno il ritiro del passaporto).


Ieri, l’operaio edile marocchino ha evitato i giornalisti quand’è uscito dal carcere di Bergamo per «tornare nella sua abitazione, anche se non so dove sia», ha spiegato il suo legale (A Montebelluna i suoi connazionali hanno festeggiato la sua scarcerazione). L’avvocato ha anche raccontato come gli indizi in mano alla procura bergamasca si siano sgretolati in un paio d’ore di interrogatorio. «Mohammed - ha spiegato il legale - ha sempre ripetuto che lui la parola “ucciso” non l’aveva mai detta». Roberta Barbieri, infatti, ha confermato che la circostanza dell’intercettazione era quella di una telefonata indirizzata ad un uomo che doveva a Fikri duemila euro, e che all’inizio non rispondeva all’apparecchio. L’intercettazione errata è stata - ha aggiunto il legale, il vero cruccio di Fikri in questi giorni: «Anche in sede di udienza preliminare, davanti al gip, ha continuato a chiedere che venisse chiamata un’altra persona per tradurla correttamente, perché quella frase non l’aveva pronunciata». Secondo Roberta Barbieri la frase giusta sarebbe: «Dio, Dio, fa che risponda...».


In realtà, a scagionare l’immigrato - residente a Loreggia, domiciliato a Montebelluna, entrato in Italia (Mantova) nel 2006, in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Padova nel 2009 (scadrà il primo dicembre 2011) e dipendente del 5 febbraio del 2007 della ditta Roberto Benozzo di Santa Giustina in Colle - ci ha pensato proprio il suo datore di lavoro, che ha raccontato agli inquirenti che il 26 e il 27 novembre Fikri è rimasto sempre con lui.


E proprio Benozzo ieri ha detto di credere che Mohammed si butterà alle spalle questa storia e continuerà a lavorare con lui: «L’Italia è il suo punto di riferimento - racconta l’imprenditore padovano - Mohammed pensava di stare in Marocco fino al 14 febbraio. Ora non so. Ma credo che tornerà a lavorare con me. Il tempo cancella tutto». Anche il razzismo strisciante di cui Mohammed Fikri ha sempre avuto paura. «Già - chiude l’imprenditore - come tutti i musulmani è diffidente».

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