Venezia 80, Priscilla, la vedova di Presley: «Con Elvis non ci siamo mai lasciati»
In Concorso alla Mostra del Cinema il fim di Sofia Coppola sulla compagna dell’idolo del rock.
In passerella Jacob Elordi, acclamata star di “Euphoria”, e Cailee Spaeny
Nascere anonima, crescere timida, e poi conoscere un ragazzo che muove il bacino come nessun altro, fare a 14 anni quello che le ragazze fanno normalmente a 25, andarsene di casa, cambiare guardaroba, tingere i capelli, mettere le ciglia finta e diventare Priscilla.
Ma è soprattutto restare Priscilla, il capolavoro d’amore della vedova di Elvis Presley, sbarcata al Lido di Venezia insieme al cast del film “Priscilla” di Sofia Coppola (in Concorso) presentato ieri sera in Sala Grande dopo un red carpet incandescente.
Fan in attesa fin dal mattino di lunedì 4 settembre per l’attore australiano Jacob Elordi, 1,96 d’altezza, (star di “Euphoria” e della saga “The Kissing Booth”), la giovane e talentuosa Cailee Spaeny, che è Priscilla sullo schermo, e Sofia Coppola in abito lungo nero, al Lido tredici anni dopo aver vinto il Leone d’Oro nel 2010 per “Somewhere”, preceduti in passerella da Kasia Smutniak, Patty Pravo, Bianca Guaccero, Rocío Muñoz Morales in Alberta Ferretti bianco e lunga treccia, il direttore creativo di Valentino Pierpaolo Piccioli.
La vedova di Elvis
«Lui è stato l’amore della mia vita, davvero, era come se non ci fossimo mai lasciati» dice Priscilla Presely, a sorpresa, portando la coppa della propria commozione in conferenza stampa «la fine del nostro matrimonio è stata provocata da uno stile di vita troppo difficile per me da sopportare».
Il film (prodotto da A24 con l’italiana “The Apartment” di Lorenzo Mieli, nelle sale statunitensi dal 27 ottobre) racconta il corteggiamento, il fidanzamento e il breve e tumultuoso matrimonio tra Elvis e Priscilla, dal 1967 al 1973, terminato quattro anni prima della morte improvvisa del cantante e attore americano.
Il punto di vista, un anno dopo l’uscita di “Elvis” diretto da Baz Luhrmann, questa volta è femminile, della donna che era poco più di una bambina quando conobbe l’idolo suo e di milioni di americani, che per lui litigò con i genitori, lasciò la Germania, entrò con il suoi golfini infeltriti a Graceland, la grande dimora di Presley a Memphis; e subito ricevette in dono un barboncino per farla sentire meno sola, un’automobile rossa quando faticosamente prese il diploma, abiti e gioielli come Pretty Woman trent’anni più tardi.
La regista
«Ho voluto raccontare la storia di una donna e degli alti e bassi del suo matrimonio, del suo diventare madre» spiega Sofia Coppola, che ha tratto il film dal libro di memorie “Elvis and Me” scritto da Priscilla nel 1985 «alcuni di questi momenti sono universali, sebbene Priscilla ed Elvis fossero una coppia leggendaria, di cui alla fine conosciamo così poco».
La regista colma molte lacune grazie al racconto di Priscilla stessa, a cominciare dalla tiepida attrazione fisica di Elvis per la graziosissima moglie, l’attitudine al comando, il suo ego, la dipendenza dagli psicofarmaci di cui teneva le boccette allineate sul comodino. Ma è lo sguardo dell’altra metà della coppia – prima adorante, poi offeso (molto offeso), infine addolorato – ciò che muove i 110 minuti del film.
«Durante tutte le riprese mi sono relazionata con lei» spiega ancora Sofia Coppola «e alla fine, quando ha visto il film, mi ha detto: quella è la mia vita, hai fatto bene i compiti a casa. Sono felice che la sua storia sia stata rispettata».
Le feste a bordo piscina, i tour, le riprese dei film, durante i quali si consumavano i tradimenti, le riconciliazioni, la nascita della figlia Lisa Marie (morta lo scorso gennaio a 54 anni), i piaceri di una vita nel lusso alla quale la giovane Priscilla si abituò in un baleno, e, sopra ogni altra cosa, un’intesa di anime fortissima che poté molto, ma non tutto. Infatti non salvò il matrimonio perché Priscilla, maturata dentro e fuori, volle portare se stessa e la bambina al sicuro.
«È così difficile vedere un film sulla propria vita, sul proprio amore» aggiunge Priscilla, che oggi ha 78 anni. «Per i miei genitori è stato difficile capire che interesse potesse avere Elvis nei miei confronti. Invece io ero l’unica persona alla quale Elvis raccontava i suoi timori, il dolore per la perdita della madre mai superato. Ero io la persona che era al suo fianco, anche se avevo solo quattordici anni».
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