Una rosa rossa per DraganIl grazie del piccolo Mattia

Con la scrittura incerta di un bambino, travolto in questi giorni da fatti ed emozioni molto più grandi di lui, alla fine ha scritto l'essenziale: «Grazie perché mi hai salvato la vita». Il campanile del Duomo di San Martino di Lupari non aveva ancora battuto le 15 quando la delegazione delle autorità dei comuni di San Martino di Lupari, Roncade e Jesolo, preceduta dai gonfaloni dei rispettivi territori e da quelli della Provincia di Padova e della Regione listati a lutto, è partita dal municipio ed è arrivata in chiesa. Tra di loro c'era anche Matteo Bianco, il papà di Mattia, stretto a uno dei figli salvati dall'immigrato. Pochi minuti dopo è arrivata anche la bara di Dragan Cigan scortata da amici e parenti, alcuni dei quali vestiti con gli abiti tipici della Bosnia Erzegovina. Ad aprire la mesta processione c'era Nicola, il nipotino di 10 anni, figlio di Sveto e Zurica, sorella del defunto. Il ragazzino procedeva lentamente stringendo tra le mani la foto dello zio; altri invece portavano delle icone, donate durante il rito funebre, ma vino e mais bollito: alimenti ad alto valore simbolico nel rito ortodosso, una sorta di eucaristia. Don Mario, parroco di San Martino di Lupari, ha preso la parola per primo salutando tutte le persone intervenute e spiegando loro che la celebrazione della messa in suffragio di Dragan, sarebbe stata officiata dal parroco ortodosso di Vicenza cui era stato messo a disposizione il Duomo. Il vero e proprio rito funebre, infatti, sarà celebrato solo a Banja Luka, paese nativo del serbo bosniaco. «Noi - ha concluso il parroco - saluteremo Dragan e canteremo per lui. E alla fine della messa leggerò il messaggio inviato dal nostro Vescovo».
La bara di Dragan intanto aveva già trovato posto nella navata centrale. Sopra era appoggiata la bandiera bosniaca, alcuni mazzi di fiori e una foto sorridente del trentunenne. Topic Milivoje, parroco ortodosso della chiesa vicentina di San Luca, ha iniziato le celebrazioni nella lingua natia di Dragan. Una piccola folla commossa di amici e parenti si è radunata intorno al feretro con una candela in mano. In piedi, nell'immobilità, rotta soltanto da composti segni della croce, hanno cantato e recitato le loro preghiere in ricordo dell'amico scomparso. «Oggi siamo uniti per dare l'ultimo saluto al nostro Dragan - ha esordito il parroco su traduzione di un connazionale - Domenica è stato coraggioso: ha salvato due bambini che non aveva mai conosciuto. Dentro di lui si è svegliata una grande umanità perché, anche se non sapeva nuotare, vedeva che quei piccoli avevano bisogno di aiuto. Purtroppo ha lasciato la sua vita. L'onda del mare - ha continuato - gli ha portato via le forze. Adesso noi siamo felici che i bambini siano sani e salvi insieme ai loro genitori. Purtroppo Militia e Mariana rimarranno sole con la mamma per tutta la vita. Dragan ha mostrato coraggio - si è interrotto un attimo l'amico e compaesano che, traducendo le toccanti parole del sacerdote, non riusciva a contenere la grande commozione - Il Signore non lascerà i bambini di Dragan, né i suoi amici. In quel momento Dragan non ha visto diversi colori, e ha reagito come fossero suoi figli. Anche noi dobbiamo fare la stessa cosa, aiutandoci uno con l'altro. Ora la famiglia di Dragan e quella dei due bambini sono diventate una cosa sola». L'applauso che ha preceduto i ringraziamenti per l'ospitalità dei sacerdoti cattolici è risuonato in tutta la chiesa, a lungo. Dopo il saluto del console di Milano che ha ringraziato tutti visibilmente commosso, ha ripreso la parola don Mario che ha letto la lettera del vescovo Andrea Bruno Mazzolato: un commosso messaggio di solidarietà e fede, consegnato alla famiglia.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia