«Una grande opportunità ma basta con i diktat»

I più giovani sognano Londra o la Germania e pensano da cittadini dell’Europa L’economista Brunetti: «Troppe decisioni imposte, serve un vero federalismo»
Di Roberta De Rossi
PERTILE - DIBATTITO "A COSA SERVONO I MANAGER?". GIORGIO BRUNETTI PERTILE - DIBATTITO
PERTILE - DIBATTITO "A COSA SERVONO I MANAGER?". GIORGIO BRUNETTI PERTILE - DIBATTITO

VENEZIA. Nonostante tutto - anche se maestrina sempre pronta a mettere l’Italia dietro la lavagna - c’è ancora molta voglia di crederci, tra il pubblico che affolla la platea della Fenice: nell’aria, si percepisce la speranza che l’Europa ci porti “oltre” l’Italia. Auspicio trasversale a politici, attrici, liceali. Solo l’economista non vede rosa.

Ai giovani, l’Europa piace: troppa vita ancora da vivere per essere già disillusi. C'è l'entusiasmo - pur un po’ timoroso - di Laura, Valentina e Viki, studentesse del Foscarini, che pensano che, sì, l’Europa sia un’opportunità per il loro futuro da giovani donne adulte, «anche se non tutta: ma la Germania, Londra, la Spagna, sono una possibilità». La valigia è pronta, ci si sente cittadini del mondo. Come c’è la voglia di sentirsi parte di una comunità di Nicolò Buranelli, 18 anni, studente del liceo scientifico Benedetti. «Io cerco di pensare all'ambiente europeo, anche come sfondo culturale comune», dice, in cerca di un orizzonte che dia senso di appartenenza, «come esiste il blocco cinese, asiatico, americano, vorrei credere in un coordinamento europeo. Una qualche delusione per come vanno le cose c’è, ma dobbiamo provarci». «#Rep 2013ve: Bel modo di parlare di #Europa per parlare di noi!», twitta entusiasta Andrea Colovini e carica la foto degli amici: «Noi c’eravamo, e pure sul palco reale». Altre generazioni, ma stesse aspettative, in due signore veneziane. «Un po’ delusa lo sono di certo, non si può avere un’Europa che mette solo paletti: ma ho fiducia nel futuro», dice Paola. Incalza Lucia: «La critica serve assolutamente, ma per essere positivi, l’importante è che si vada non solo verso un’Europa economica, ma anche alle scelte comuni». Chi guarda con più disincanto è l’economista Giorgio Brunetti. «Purtroppo l’Europa federazione di stati è un’aspirazione mancata per ora», dice, «è solo un’unione di governi: sono gli stati più forti, che si fanno sentire - come la Germania - a valere, non esiste condivisione. Dipendiamo dalle decisioni degli altri, costretti a fare i compiti a casa: è deprimente. L’Europa, di fatto, non esiste: c’è una moneta unica, ma l’euro è diverso da stato e stato: senza federalismo, non ci sarà mai Europa». S’infervora invece Laura Fincato, responsabile Expo Venezia 2015: «Cosa c’è di più europeo della candidatura di Venezia capitale della cultura con il Nordest? L’Europa è la culla della cultura occidentale, tutto è nato qui e Venezia è cultura nella cultura. Non dobbiamo avere paura di aprirci, ma dobbiamo cogliere l’opportunità di condividere, lavoro e cultura». I commenti s’intrecciano nella caparbia volontà di credere che oltre l’Italia ci sia l’Europa e, con questa, un futuro migliore. «È il momento giusto: con le prossime elezioni europee si può puntare all’obiettivo di legittimare gli Stati Uniti d’Europa», commenta il deputato Andrea Martella, «dobbiamo spingere in questa direzione: non solo politica monetaria, ma politica estera, non solo economia, ma scelte comuni, come sull’immigrazione». L’attrice Simona Marchini si ritrova nelle aspettative del liceale. «Come italiani non è bello dover sempre chiedere stima e rispetto, anche quando non dipende dai nostri comportamenti di cittadini», dice l’attrice, «però voglio credere in un’Europa che esca dall’aridità della visione economico-fiscale attuale e guardi alla sua vera ricchezza, la cultura, un’Europa dove le identità intellettuali non soccombono, ma si scambiano in un terreno solidale condiviso».

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