Operazione Vento di Nord Est, smantellata frode sul pellet: in 10 a processo
Tra società di comodo, fatture false e passaggi di denaro la vendita del materiale avveniva evadendo il Fisco. L’indagine era partita da un capannone a Casale di Scodosia
Dieci rinvii a giudizio e una assoluzione, giunta al termine del processo con rito abbreviato. Questa la decisione presa dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Rovigo, nell’ambito della maxi inchiesta condotta nel 2022 dalla squadra mobile della Questura di Rovigo, assieme alla Guardia di finanza di Este.
L’ipotesi accusatoria? Un complesso e gigantesco sistema di frode per evadere il Fisco, incentrato sulla vendita del pellet, che si sarebbe snodato tra Padovano e Polesine, ma anche nelle aree di Treviso, Venezia, Verona, Brescia e Ferrara.
Come funzionava la frode
Nei mesi in cui i prezzi del pellet e del legname schizzavano alle stelle, un’organizzazione criminale aveva trovato il modo di lucrare proprio sulla compravendita del materiale, attraverso un vorticoso giro di società di comodo, di fatture false e passaggi di denaro da un conto corrente all’altro. Uno schema complesso, architettato per evadere l’Iva e le tasse, e poter così ricavare un immediato beneficio dalla vendita di pellet e legname a prezzi decisamente competitivi, fuori mercato perché illeciti.
Il “campo base” di questa attività era stato individuato in un capannone di Casale di Scodosia, un vero e proprio “hub” del passaggio della merce e del denaro da una società all’altra. Nel corso delle indagini erano state undici le persone finite sotto inchiesta, quattro delle quali poste agli arresti domiciliari.
Sempre nel corso delle indagini preliminari era scattato anche il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per oltre 1,5 milioni di euro. La Guardia di finanza aveva spulciato 67 conti correnti e perquisito, insieme alla Polizia, capannoni e abitazioni tra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, partendo appunto dal complesso artigianale di Casale di Scodosia. Il capannone era nella disponibilità di una società con sede legale a Dolo, nel Veneziano, e impegnata nel commercio di pellet e legname.
I poliziotti della squadra mobile di Rovigo avevano tenuto d’occhio questo sito giorno e notte, facendo uso anche di telecamere, annotando i movimenti di camion che entravano e uscivano dal capannone sospetto.
Una volta scoperto che questi mezzi, con targhe slovene e croate, erano intestati a società riconducibili alle stesse persone che occupavano il capannone, gli inquirenti avevano coinvolto i colleghi della Finanza.
Scatta l’operazione
L’operazione “Vento di Nord Est”, così è stata chiamata l’indagine, ha permesso di ricostruire il complesso giro di merci e fatture che stava alla base della frode fiscale. La società a cui era intestato il capannone di Casale di Scodosia di fatto era una società “schermo” che emetteva fatture sulle quali non pagava le imposte.
Di fatto a guadagnarci era un’impresa “schermata” del Trevigiano, il cui fatturato però era attribuito a quella del capannone di Casale di Scodosia, che riversava gli incassi su conti correnti di società estere riconducibili agli stessi imprenditori italiani. Questa società sarebbe stata poi destinata al fallimento, con un beneficio per la società “schermata” di Treviso e per i soggetti che grazie a questo giro di fatturazioni avevano evaso imposte e realizzato notevoli guadagni.
Degli undici imputati per i quali era stata chiesta la fissazione dell’udienza preliminare, nei giorni scorsi dieci hanno scelto di discuterla, finendo rinviati a giudizio, mentre uno si è sottoposto nella medesima sede al processo, celebrato con il rito abbreviato, ottenendo l’assoluzione.
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