Terza vita di De Piccoli, l'ex viceministro fa l'imprenditore

Dal Sol dell’avvenire al fotovoltaico: "Vendo energia solare chiavi in mano"
La sede della E-green di De Piccoli
La sede della E-green di De Piccoli
MOGLIANO.
Uno strano industriale s’avanza. Giovane di 66 anni, vecchio di politica e onusto di memoria. La terza vita di Cesare De Piccoli comincia ora. L’ex segretario regionale del Pci veneto, vice sindaco di Venezia, poi deputato ed eurodeputato, viceministro ai trasporti e alle infrastrutture, poi al lavoro con l’allora ministro Fassino, potente e autorevole brasseur d’affaires comunista, quindi poi, improvvisamente, più niente. Ecco, costui si è dato all’imprenditoria, settore fotovoltaico per la precisione. Soldi suoi, messi di tasca propria, con l’aggiunta di qualche ideuzza.


L’uomo poteva godersi la pensione, dedicarsi ai nipotini e non avremmo preteso altro. Cesare De Piccoli invece torna, tutto nuovo, per scombussolare alcune certezze: quella che i politici non sanno fare niente dopo la politica - con il corollario che senza seggio vanno in depressione - e poi l’altra, più generale, che ha a che fare con ognuno di noi e riguarda la partita della vita: «Non è finita finché non è finita» diceva ai suoi Yogi Berra dei «New York Yankees». Vale anche per Cesare De Piccoli che del sogno americano non condivideva niente (nel 1969 stava in piazza con i ferrovieri dalla parte di Ho Chi Minh), ma che dai ferrovieri (l’aristocrazia della classe operaia) imparò la nostra versione del bite the bullet, lo stringi i denti e vai del glorioso movimento operaio degli anni’70. «Era una classe fiera e consapevole della sua importanza» dice ora, «fu la mia università».


La politica gli ha fatto da mamma provvida per 30 anni e da matrigna nell’ultimo, cacciato senza riguardo, era un avanzo del mondo bipolare, uno come lui, berlingueriano, amendoliano, d’alemiano, sembrò inutile. E non lo ricandidarono più. Era il 2008 e la sua carriera politica finì. Ora è un bel signore, distante dagli affanni di fazione, che ripassa le letture giovanili: «Mi ricordo Siddharta: prendi il meglio del passato, disfati del peggio e vai avanti».


L’avanti si chiama «E-green Duferco» azienda che aprirà ufficialmente, capannone e battenti, martedì prossimo alle ore 11 a Mogliano. Capitale sociale di 120 mila euro, un amministratore delegato che si chiama Dimitri Giuliati, filiali in tutto il Paese, assistenza bancaria e tutto il resto. Cesare De Piccoli è il presidente. Non è ancora nata ed ha già in portafoglio una ventina di contratti.


Uno di questi riguarda un’abitazione privata con un bisogno di 5Kw. Il costo dell’impianto fotovoltaico (pannelli, cavi, contatori, tutto incluso chiavi in mano) è di 19.700 euro, il proprietario non pagherà niente, non di spese vive né di interessi, o meglio pagherà gli uni e gli altri in 20 anni cedendo alla banca il valore dell’energia elettrica prodotto in surplus, se sa amministrarsi bene risparmierà anche 930 euro all’anno sulla bolletta.


«L’idea che abbiamo aggiunto a quella ovvia di portare il fotovoltaico in ogni casa - spiega De Piccoli - è proprio questa: che il proprietario non deve pagare niente, il contratto viene firmato con noi e con una banca scelta tra un pool di istituti di credito nostri partners. Dirà, ma che fanno questi? Aprono quando altre aziende del settore chiudono? Esatto, finita la sbornia speculativa e finanziaria del fotovoltaico, è arrivato il tempo degli impegni industriali basati sulla convenienza e sulla fattibilità. Il margine rimane, anche con la stretta recente sugli incentivi. Otto metri quadrati danno un chilowatt, con le nanotecnologie e la maggior resa dei pannelli il rapporto migliorerà. È conveniente in Germania con un’esposizione solare di 800 kw all’anno, noi ne abbiamo 1.100, in Puglia è di 1.400: se funziona a Dusseldorf perché non dovrebbe funzionare da noi? È la prima domanda che mi sono fatto su un paese che incrementa il Pil del 5%».


De Piccoli ha visto la sfuriata di Sgarbi in tivù, antieolica e anti fotovoltaica; flop a parte la condivide: «La campagna polesana è stata spalmata con 5 gigawatt di pannelli solari, l’equivalente di 25 mila abitazioni, spreco di denaro e violenza al paesaggio. La nostra formula è a misura d’uomo». Insomma, l’ex sottosegretario ora è più a suo agio con i chilowatt che con la politica, anche a guardarla gli sembra sciapa: «Gli italiani hanno dato un paio di buone possibilità alla sinistra, non è colpa loro se ha fatto male. Per quanto mi riguarda, io che ero operaio, dalla politica ho avuto la mia educazione sentimentale e la mia università. Lavoravo con Amendola e Berlinguer, in Europa avevo a che fare con Delors, Kohl, Mitterrand ed ero con loro quando liberarono Mandela. Giusto il ricambio generazionale, mi chiedo solo se è giusto il criterio con cui viene inteso. Mi ritengo un uomo fortunato, mi chiedo solo quanto convenga a una comunità, qualsiasi comunità, disfarsi del bagaglio di conoscenze di un uomo, del suo expertise, solo perché l’ha maturato in politica e nell’arte del governo. Ma non è affar mio, io sono alla terza vita, delle precedenti ricordo solo il meglio».

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