La storia di Happy, lo spazzino gentile che ora rischia l’espulsione
Nigeriano di 28 anni, dal 2017 pulisce le strade di Padova racimolando qualche moneta. Non gli è stato riconosciuto lo stato di rifugiato e non trova un contratto di lavoro

Happy Ijebor, ha 28 anni ed conosciuto da molti padovani semplicemente come Happy, il ragazzo che ogni giorno, dalle 8 alle 13 pulisce le strade di Padova nelle zone Sacra Famiglia, Madonna Pellegrina, Città Giardino, Sant’Osvaldo, Terra Negra e Forcellini, sperando nel riconoscimento dello status di rifugiato che non gli è stato mai riconosciuto.
Originario della Nigeria, in Italia dal 2017, racconta di essere fuggito al rischio di persecuzione per motivi religiosi e di aver intrapreso un lungo viaggio durante il quale ha dovuto sopportare sacrifici e umiliazioni di ogni tipo.
Circostanze che avrebbero accentuato la sua vulnerabilità, rendendolo un po’ insicuro e fragile.
Happy infatti è conosciuto dai più come una persona gentilissima, anche se un po’ timida. «Un bravo ragazzo» che non fuma, non beve, non si droga ed è un bravo lavoratore.
La sua timidezza però pare non gli abbia permesso di stipulare un regolare contratto di lavoro, nonostante il suo impegno quotidiano nel mantenere pulite le strade della città.
Purtroppo, come sottolinea l’avvocatessa Caterina Bozzoli di Padova, che si occupa del caso insieme alla sua collaboratrice Alexandra Stukova, la Commissione, pur ritenendo credibile il racconto di Happy e avendo constatato di persona lo stato di profonda sofferenza e frustrazione da lui vissuto, ha respinto la sua richiesta di protezione.
In assenza di un contratto di lavoro regolare, non riesce a dimostrare la sua integrazione nel tessuto sociale e, attualmente, rischia di essere espulso in qualsiasi momento.
Tornare in Nigeria, spiega Happy, significherebbe per lui tornare affrontare miseria, disperazione, e probabilmente gravi pericoli per la sua incolumità, data anche la sua particolare vulnerabilità.
Inoltre un eventuale rimpatrio vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti per integrarsi nel nostro Paese e le difficoltà superate durante il suo viaggio.
«È possibile che l’impegno quotidiano di Happy, che contribuisce al benessere della comunità patavina da più di otto anni, non possa essere riconosciuto almeno come volontariato? Dura lex sed lex, ma siamo ancora capaci di essere umani?», si chiede l’avvocatessa Caterina Bozzoli che ha preso a cuore la vicenda.
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