Le carte raccontano la crisi di Speedline: «Un caso da omicidio industriale»
La relazione del commissario giudiziale sulla gestione dell’azienda di cerchi in lega per auto a Santa Maria di Sala: «Un patto scellerato tra Ronal e Callista». Per i giudici la multinazionale svizzera ha mutilato l’azienda veneziana. Ora al vaglio possibili azioni di risarcimento del danno
Hanno pesato certo le difficoltà finanziarie, la contrazione della produzione di auto, le perturbazioni (Covid e invasione dell’Ucraina) nelle catene globalizzate di approvvigionamento.
E però, nel percorso che ha portato la Speedline (debiti per 21 milioni di euro) di Santa Maria di Sala - azienda produttrice di cerchi in lega per le auto e che conta 260 dipendenti - allo stato di insolvenza e all’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria (legge Prodi bis) c’è stata, soprattutto dal 2018 in poi, la volontà di eliminare un concorrente: trasferendo importanti pezzi di produzione di cerchioni in altri stabilimenti europei del gruppo Ronal (ad esempio in Polonia), riducendo gli investimenti sul territorio, azzerando i programmi di investimento e sviluppo industriale concordati con le parti sociali.
«Un omicidio industriale»
Una volontà tanto più evidente con il passaggio dell’azienda, nel luglio del 2023, dal gruppo svizzero Ronal al fondo tedesco Callista, la cui gestione è stata caratterizzata da «singolare sciatteria» e «vistosa latitanza». E c’è da chiedersi se «Callista sia stata immediatamente travolta da un compito troppo impegnativo per le sue scarse risorse manageriali, o se invece fosse intervenuta solo per generare l’apparenza di una separazione tra Ronal e sé, così da consentire alla prima di non apparire, almeno formalmente, come l’autrice di quello che con un’espressione deliberatamente enfatica ben si potrebbe definire un “omicidio industriale” affidato a un suo sicario».
È molto dura la relazione sulla gestione della storica azienda veneziana firmata dal commissario giudiziale Maurizio Castro alla base della decisione del tribunale civile di Venezia, presa lo scorso 30 dicembre, di ammettere la Speedline alla procedura di amministrazione straordinaria perché, «pur con le difficoltà derivanti dalla mutilazione operata da Ronal a danno di Speedline», rileva il tribunale di Venezia, è presto per scrivere la parola fine di questa storia aziendale, e Speedline ha ancora le forze per restare in piedi e rendersi appetibile a una nuova proprietà tanto che - come anticipato giovedì dalla Nuova - un gruppo industriale sudamericano produttore di ruote, un fondo di investimento tedesco e uno inglese si sono già fatti avanti.
I commissari e l’azione di responsabilità
A dover traghettare Speedline verso una nuova proprietà, nei prossimi dodici mesi, sono i tre commissari individuati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Oltre a Castro, manager di provata competenza industriale, ci sono Alfonso Celotto, avvocato e professore ordinario di Diritto Costituzionale a Roma Tre, e Giovanni Patti, commercialista di Catania. Una decisione del tutto inusuale per un’azienda delle dimensione di Speedline.
Una gestione a tre teste che non convince le organizzazioni sindacali - e non solo loro - per il timore che la necessità di assumere decisioni collegiali possa rallentare la necessaria e rapida ripresa dell’azienda. Una decisione che, da parte sua, il ministero giustifica con l’importanza che riveste il caso Speedline.
Anche per l’ipotesi formulata nella relazione di Castro e corroborata dal tribunale, di un’azione di responsabilità nei confronti della precedente proprietà.
C’è «una probabilità significativa, alla luce delle valutazioni giuridiche allo stato eseguibili», scrive il tribunale nel dispositivo con cui apre alla procedura dell’amministrazione straordinaria, «che possano essere avviate e condotte a esito positivo cospicue azioni di risarcimento del danno e azioni revocatorie nei confronti degli autori dei comportamenti illecitamente ostili o fraudolenti tenuti nel percorso di forzosa dismissione di Speedline». Una convinzione maturata a valle dell’analisi, da parte del collegio dei giudici, della relazione depositata dal commissario giudiziale.
Ronal e il patto con Callista
Sessanta pagine frutto di documenti legali, contabili e tecnici oltre che dalle dichiarazioni raccolte da impiegati, quadri e dirigenti, in cui Castro ricostruisce la storia della Speedline, concentrandosi sulla gestione Ronal (dal 2007) e Callista (dal 2023).
Castro individua due stagioni nel governo della Speedline da parte di Ronal.
Una prima fase, definita dello «sfruttamento» va dal 2007 - l’anno della grande crisi finanziaria scoppiata con i mutui subprime - al 2018 e riguarda il progressivo spostamento delle lavorazioni più pregiate in altri stabilimento europei del gruppo.
La seconda fase, «dell’abbandono esplicito» va dal 2019 al 2023. L’evidenza plastica di questo percorso, ricostruisce la relazione, è nella decisione di non dar corso al progetto “Speedline Futuro”, elaborato nel 2016 per rinnovare l’assetto industriale del gruppo con investimenti per 200 milioni di euro, poi ridotti a 120, per un nuovo magazzino altamente tecnologico e un impianto di verniciatura ad alta tecnologia mai realizzati.
Del novembre del 2021 è la decisione di Ronal la chiusura dello stabilimento di Tabina. La mobilitazione di tutte le parti sociali e dell’opinione pubblica riesce ad evitare la chiusura e, con l’accordo del giugno 2022, Ronal si impegna a sostenere lo stabilimento attivandosi nelle ricerche per una nuova proprietà. Sul tavolo del Ministero arrivano tre proposte.
E a rilevare le chiavi di Tabina è infine il fondo tedesco Callista. Ci entra con un patto di non concorrenza della durata di 5 anni che - ricostruisce la relazione - è come una condanna a morte per la Speedline. Le impedisce di fornire i clienti definiti “Non premium” e di rivolgersi solo ai “Premium” individuati in Ferrari, Maserati, Jaguar Lamborghini, Aston Martin e McLaren.
«Spostati 470 progetti»
Questo perché nel corso degli ultimi anni, prima di annunciare la chiusura dello stabilimento di Tabina, Ronal aveva spostato 470 progetti (Alfa-Romeo, Bmw, Porsche, ecc.) in altri stabilimenti europei privando Speedline di circa l’85% dei volumi annui totali.
Il commissario definisce un «patto scellerato» quello tra Ronal e Callista, che riduce i volumi di Speedline, che ha una capacità di produzione di oltre 800 mila cerchioni l’anno e che con costi fissi di produzione molti elevati, «a quelli di un artigiano del cerchio di altissima gamma».
Un accordo il cui l’obiettivo «si manifesta in tutta la sua verità: non un esercizio volto al salvataggio di Speedline, bensì al suo affossamento». Un patto ora stralciato che permette all’azienda di tornare a dialogare con i clienti storici. Messe da parte le gestioni Ronal e Callista - sostanzialmente assente nei mesi della sua gestione, priva di qualsiasi apporto finanziario e progettazione industriale - ora si tratta di costruire il percorso che, da qui ai prossimi 12 mesi, dovrà portare al rilancio dell’azienda. E decidere se procedere con azioni risarcitorie - intendimento che sembra avere anche il Mimit - e, se saranno valutate necessarie, anche azioni penali nei confronti delle precedenti proprietà.
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